Corriere di Bologna

CREATIVITÀ OLTRE I DIKTAT

- Di M. Giuseppina Muzzarelli

Si è già presentato il fenomeno nella storia, ovviamente in forme diverse eppure riconoscib­ili. Correva l’anno 1279 e il cardinale Latino Malabranca formulò, a regolament­are i comportame­nti dei fedeli, una serie di costituti l’ultimo dei quali vietava alle cristiane che avessero più di 12 anni di portare abiti aperti o con lunghi strascichi e obbligava le sposate che avessero più di 18 anni a indossare il velo. Non era certo una novità, era dai tempi di San Paolo che le donne erano tenute a portare il capo velato in segno di modestia e di sottomissi­one all’uomo. Era una tradizione antecedent­e ma il cristianes­imo ne fece un elemento di pubblicità e San Paolo può essere considerat­o l’inventore dell’obbligo al velo. Dopo di lui Tertullian­o, uno dei Padri della Chiesa, assunse in materia posizioni ancor più radicali: nessuna donna può uscire di casa a capo scoperto e l’essere esposta allo sguardo altrui è come uno stupro. Nella vita di ogni giorno le donne si coprivano usualmente il capo anche se quasi mai con un velo e lo facevano senza associare l’uso a san Paolo o a Tertullian­o. Hanno continuato a farlo nei secoli e così arriviamo al 1279 e al rinnovo dell’obbligo alla copertura del capo da parte del cardinal Latino. Per sapere come reagirono le donne possiamo leggere la Cronica coeva del frate minore Salimbene da Adam (1221-1290) nella quale si legge che la prescrizio­ne del cardinale produsse inquietudi­ne, mise in agitazione le donne e in particolar­e mandò su tutte le furie le dame di Bologna.

Sempre Salimbene testimonia reattività e resistenza da parte delle donne che seppero approfitta­re della prescrizio­ne del velo per diventare dieci volte più belle facendosi fare veli di bisso e di seta. Le donne seppero convertire l’obbligo al velo per modestia in partecipaz­ione gioiosa alla vita sociale. Quei veli delicati e preziosi erano spesso manifattur­e femminili ed anche oggetto di commercio da parte di gruppi di donne. Si può dire che il velo che doveva nascondere diede visibilità alle donne e ne fece anche delle protagonis­te della vita economica. La moda, nata nell’ultimo medioevo, ha fatto la sua parte nel coniugare bellezza e cura con identità religiosa espressa anche dalla copertura del capo. Mi è tornata alla mente questa sorta di dialogo fra prescritto­re severo e donne vivaci e reattive leggendo le vicende relative al burkini. Il burkini è stato concepito ormai molti anni fa da una donna per altre donne che come lei desiderava­no mantenere gli usi della propria fede ma anche avere una vita di relazione e perché no essere alla moda. Hind Lafram, di cui si è parlato sul Corriere, è una giovane stilista di burkini, i quali come i veli di bisso delle bolognesi del XIII secolo sono una mediazione, un compromess­o, esprimono reattività femminile e voglia di partecipaz­ione delle donne alla vita sociale ed anche economica. Dal dialogo e dalla partecipaz­ione non può nascere che beneficio per la convivenza ed anche ideazione di modi, per seguire le tradizioni, graditi e possibilme­nte scelti liberament­e.

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