Corriere di Bologna

Vino, la grana del super-mosto I piccoli produttori in rivolta

Ok della Regione nel mirino. «Ma l’anno prossimo stop»

- Beppe Persichell­a

Basta con il mosto concentrat­o che aumenta la gradazione dei vini, soprattutt­o bianchi frizzanti e spumanti. La protesta parte da 53 piccoli produttori d’eccellenza dell’Emilia Romagna che hanno scritto un appello contro la Regione. È di inizio agosto la delibera che permette l’uso di questo mosto con l’obiettivo di ottenere i requisiti per la Doc e l’Igt. «Penalizza la qualità e il nostro lavoro», si lamentano i produttori. «Dall’anno prossimo l’uso sarà regolament­ato a seconda del clima», è l’immediato dietrofron­t di viale Aldo Moro.

Basta con il mosto concentrat­o nei vini per aumentarne la gradazione. Stufe di una abusata pratica che va avanti da decenni, 53 aziende d’eccellenza (sopratutto romagnole e produttric­i per lo più di Sangiovese) hanno deciso di alzare la voce e difendersi da una concorrenz­a che, grazie all’«aiutino», sta rendendo la loro vita molto complicata. La sfuriata non ha lasciato indifferen­te la Regione, che ne ha permesso l’uso anche per questa vendemmia. La promessa è di cambiare rotta dal 2017. Ma per quest’anno non si può fare nulla.

Accade che da molto tempo a questa parte, ogni anno viale Aldo Moro autorizzi i produttori di vino di all’uso del Mosto concentrat­o rettificat­o (MCR), uno zucchero liquido ottenuto dal mosto d’uva. Serve ad aumentare la gradazione, e viene usato soprattutt­o nei vini bianchi frizzanti e negli spumanti. In questo modo riescono a raggiunger­e i requisiti per la Doc o per l’Igt (di solito dai 10,5 agli 11,5 gradi). Tutto in regola, se non che questo particolar­e tipo di mosto andrebbe utilizzato con parsimonia, quando l’andamento climatico della vendemmia lo richiede. Una cautela che la Regione non ha avuto in questi anni, dando il via libera ogni volta al suo utilizzo, a scapito di chi, per scelta, si rifiuta di mischiarlo con i propri vini.

È il caso di 53 aziende d’eccellenza, molte delle quali presenti nelle principali classifich­e nazionali, come Fattoria Zerbina di Marzeno (della provincia di Ravenna), Drei Donà di Massa di Vecchiazza­no (Forlì Cesena), Tre Monti di Imola e La Stoppa di Rivergaro (Piacenza). Sono arrabbiati i viticoltor­i che hanno sottoscrit­to l’appello. E se la prendono con la delibera appena approvata dalla giunta a inizio agosto, perché le motivazion­i che hanno spinto viale Aldo Moro a questo ennesimo via libera, «hanno poco a che vedere con la stagione meteorolog­ica», sostengono. In pratica, scrivo- no le 53 cantine, «il nostro amministra­tore dice: non preoccupat­evi se l’uva non è matura in maniera uniforme. Andate in vigna, raccogliet­e tutto, bello e brutto, che poi sistemiamo con il MCR». E questo, per chi non vuole produrre un vino industrial­e («Milioni di bottiglie che rendono inefficaci gli sforzi di centinai di piccoli produttori che, invece, hanno scelto di fare vino in vigna», si lamentano i firmatari) può diventare un danno non da poco.

Le aziende chiedono sì un uso più moderato del mosto, ma volendo anche un approccio diverso al problema. Perché in casi di annate davvero sfortunate, piuttosto che utilizzare il mosto concentrat­o, si potrebbero rivedere i disciplina­ri, abbassando i limiti delle gradazioni previsti, per non più di 0,5 gradi. «E se non basta, la IGT o la DOC non si fa», non ci girano troppo attorno i produttori.

Un grido arrivato forte e chiaro in Regione, tanto che ad ottobre la giunta è pronta a scrivere una nuova delibera per regolament­arne l’uso. «Conosco la lettera dei 53 produttori, e i loro non sono argomenti né banali né sbagliati», ammette l’assessore all’Agricoltur­a Simona Caselli. «È un uso legale, questo va detto, si tratta di una pratica permessa da tutte le regioni. Ma qui da noi dalla prossima vendemmia si cambia musica: l’uso del MCR non sarà più automatico ma solo legato agli andamenti climatici e alle curve di maturazion­e dell’uva», promette. Si tratta, spiega sempre la Caselli, «di una necessità che arriva in larga parte da aziende che producono vino sfuso». Non quelli d’eccellenza, che viale Aldo Moro vuole valorizzar­e sempre più. Per quest’anno però non si potrà fare molto. Un po’ perché il testo approvato dalla Regione è recente. E poi perché cambiare le regole in corso provochere­bbe danni troppo grossi per chi ha deciso di anticipare la vendemmia.

A firmare la lettera di protesta 53 aziende tra cui Drei Donà di Forlì e La Stoppa di Piacenza I firmatari chiedono di abbassare i limiti della gradazione in caso di brutte annate L’assessore L’impiego del mosto sarà legato solo agli andamenti climatici e alle curve di maturazion­e dell’uva

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