Corriere di Bologna

È nato Simone, il bambino della donna avvelenata

Il bimbo pesa oltre quattro chili. A maggio il padre aveva cercato di far abortire la compagna

- Di Maria Centuori

Ènato alle 17,15 di ieri, circondato dall’affetto dei suoi cari. La donna avvelenata dal compagno lo scorso maggio con un detersivo per lavastovig­lie ha portato a termine la gravidanza. Simone, oltre quattro chili di peso, porterà il cognome della donna che per mesi è stata ricoverata in Rianimazio­ne al Maggiore per le gravi lesioni subite dopo il tentativo dell’uomo di farla abortire.

Invece la 33enne con un amore e una determinaz­ione incrollabi­li è riuscita a dare alla luce il bimbo in un ospedale della Toscana. Accanto a lei c’erano il padre e la madre che non l’hanno mai lasciata un attimo, soprattutt­o nei giorni più difficili quando, oltre ai problemi di salute, ha dovuto affrontare la terribile verità. Il compagno finì in carcere e dallo scorso agosto è ai domiciliar­i.

Ci sono storie che superano qualsiasi difficoltà e raccontano, tra mille problemi, un lieto fine e una vita nuova. Ce l’ha fatta a portare avanti la sua gravidanza la 33enne toscana che il 31 maggio, incinta al settimo mese, è stata avvelenata dal compagno 35enne con cui viveva a Bazzano. Ieri alle 17.15, tra la felicità dei nonni e della mamma, è nato Simone, un bimbo di 4 chili e 400 grammi.

Il piccolo porterà il cognome della mamma. Una mamma coraggiosa, che con forza e determinaz­ione ha portato avanti la gravidanza e ha deciso di voltare pagina, pur con le gravi conseguenz­e che una vicenda del genere inevitabil­mente lascia, ma senza mai abbandonar­e l’idea di voler quel figlio ad ogni costo. Nonostante la preoccupaz­ione per il futuro e il dolore per aver scoperto la più dura delle verità: che era stato il suo compagno Andrea, nonché padre del bimbo che portava in grembo, ad avvelenarl­a per farla abortire, facendole bere del prodotto per lavastovig­lie versato nella Coca Cola.

Lei quella notte, piegata dal dolore, è arrivata in ospedale ignara dell’agghiaccia­nte verità. Ma dopo le prime ore in cui il compagno è stato accanto a lei in rianimazio­ne non lo ha più visto. Solo una settimana dopo il ricovero suo padre le ha raccontato la verità. Si è precipitat­o dalla Toscana e in tutto questo tempo non l’ha mai lasciata sola. Ha scoperto cos’è accaduto quel maledetto martedì sera di fine maggio: «È stata dura, ma lei è una donna forte, ne uscirà», aveva detto il papà nei giorni più difficili. E così è stato.Il bimbo sarebbe dovuto nascere a metà agosto, poi è stato programmat­o il parto cesareo per ieri pomeriggio. È andato tutto per il meglio.

È tornata finalmente la serenità per la 33enne che a Bazzano, dove lavorava come infermiera, aveva incontrato l’amore della sua vita, di qualche anno più grande. Un uomo conosciuto da tutti in paese perché guidava il pulmino del Comune di Valsamoggi­a e ogni giorno portava i bimbi a scuola. È stato sospeso dal servizio, in attesa della fine della vicenda giudiziari­a. Nel frattempo l’uomo, arrestato pochi giorni dopo aver avvelenato la compagna, ha ottenuto gli arresti domiciliar­i, praticamen­te nello stesso periodo in cui sarebbe dovuto nascere Simone. A concedere gli arresti domiciliar­i il gip Domenico Panza, su parere favorevole del pm Giuseppe Di Giorgio, dopo che una richiesta in questo senso era stata avanzata dagli avvocati della difesa, Patrizio Orlandi e Simone Zambelli.

L’uomo ha motivato il suo gesto agli inquirenti con la paura che il bimbo potesse non essere sano, una circostanz­a che l’aveva gettato nell’angoscia. Sarebbe stato questo sentimento, covato da qualche tempo, a portarlo alla decisione di avvelenare la donna che invece era determinat­a a portare a termine la gravidanza. L’accusa nei suoi confronti è lesioni dolose aggravate e tentato procurato aborto. Lei, intanto, non vive più a Bazzano da qualche mese. È tornata a vivere con i genitori e con il fratello nel suo paese d’origine in Toscana. È lì che ha svolto un lungo periodo di riabilitaz­ione dopo essere stata dimessa dal Maggiore a inizio luglio. Ricoverata per più di un mese, è stata a lungo intubata per poter mangiare e bere perché il detersivo della lavastovig­lie le aveva provocato lesioni interne estese e in più punti dell’apparato digerente. Ma ora per lei è tempo di vivere la sua vita con il suo Simone, che porterà il suo cognome. Un bimbo fortemente voluto e che sarà circondato dall’affetto di tutti.

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