«SVILISCE LA QUALITÀ SI VIETI PER DOC E IGT»
Fattoria Zerbina e Tre Monti: «Non è la nostra enologia»
David Navacchia di Tre Monti e Cristina Geminiani di Fattoria Zerbina, due (noti) produttori dei 53 firmatari della petizione, spiegano perché sono contrari all’uso del Mosto concentrato rettificato, e cosa chiedono alla Regione. Lei: «Questa pratica deve essere autorizzata solo per reali necessità». Lui: «Che si vieti l’uso per tutti i vini Doc, Docg e Igt».
«L’anno scorso, sulla questione dell’inutile uso del Mosto concentrato rettificato, abbiamo mandato giù il rospo per l’ennesima volta e siamo stati zitti», racconta David Navacchia, titolare insieme al padre Sergio e al fratello Vittorio della Tre Monti di Imola, una delle 53 aziende firmatarie della petizione rivolta alla Regione per limitare l’utilizzo del Mosto concentrato rettificato davvero solo ai casi eccezionali, previsti dalla legge europea. Quando cioè l’annata va davvero male. Poi aggiunge: «Quest’anno invece hanno preso carta e penna e abbiamo mandato la nostra bella letterina alla Regione. In tempo utile ovviamente». Risultato? «Non ci ha dato retta nessuno. Non sapevano se ridere o piangere. Le conclusioni, a caldo, sono state che o sono incompetenti o che comunque non fanno i nostri interessi. Tutti si riempiono la bocca di Made in Italy, di qualità, di etica, di ambiente, di trasparenza e poi non si impegnano a tutelare la produzione di qualità», taglia corto Navacchia. Ora però, a quanto pare, qualcuno che dà loro retta c’è. Ed è Simona Caselli, che ha fatto dietrofront. «Ne prendo atto. E sono contento. Spero che entrino però più nel merito della legge europea, che parla piuttosto chiaro», è il commento del titolare della Tre Monti. «Staremo a vedere. Questa pratica — gli fa eco Cristina Geminiani di Fattoria Zerbina di Marzeno nel faentino — deve essere autorizzata solo per una r-e-a-l-e necessità, non così a caso, con scuse. L’uso indiscriminato del Mosto favorisce i vini industriali, a prezzo basso, rende commerciabili vini che non lo sarebbero, ma questa non è la nostra enologia». La Regione usa motivazioni che i produttori firmatari della petizione trovano assurde. Navacchia: «Dicono che autorizzano l’uso del Mosto anche perché vanno di moda i vini profumati e che per estrarre i profumi bisogna vendemmiare prima del previsto, quindi per mettere a posto il tutto si aggiunge poi il trucchetto, che è legale, per carità. Come vede, non è una questione legata alla metereologia, come recita invece le legge europea». «Permettere di usare il Mosto anche quest’anno è ancora più assurdo — aggiunge la titolare di Fattoria Zerbina — perché l’uva è più bella dell’anno scorso e il 2015 era da leccarsi le dita...».
La proposta dei produttori, la spiega Navacchia: «Bisogna far capire al consumatore che c’è il vino industriale e c’è il vino artigianale. Chiediamo che su tutti quei vini che portano in etichetta la Doc, la Docg, la Igt, venga vietato sempre l’uso del Mosto aggiunto e che gli altri che lo usano invece siano obbligati a indicarlo in etichetta».