Corriere di Bologna

Dentro i bunker sepolti delle pinete romagnole

Viaggio nelle coste della Riviera dove i tedeschi temevano l’assalto alleato

- di Alessandro Mazza

Bunker tedeschi della guerra mondiale in posizioni strategich­e sulle coste romagnole. La fitta serie di fortificaz­ioni doveva contrastar­e lo sbarco alleato, che però non c’è stato. Ma molti di quei bunker ci sono ancora: alcuni sono stati coperti dalla sabbia e dai rovi nella pineta e solo negli ultimi mesi hanno rivisto la luce. Altri sono stati usati come dispense di ristoranti o di locali notturni o come attrezzaie per gli agricoltor­i.

A puntare l’attenzione su questi insediamen­ti è il Comitato Ricerche Belliche 360. È stato fondato dal cesenatice­nse Walter Cortesi nel 1980 e ha trovato appoggio anche a Ravenna. I bunker censiti sono di diversi tipi: si passa da quelli più piccoli adatti a due soldati che usavano una mitragliat­rice, a quelli più ampi con cannoni o contraerea fino a quelli per il ricovero personale con stufa e servizi per sei persone. Tutti erano collegati da anguste trincee e gallerie che, finita la guerra, sono serviti anche come prima traccia per il sistema fognario.

«Solo a Cesenatico ci sono 23 bunker censiti — ha detto Cortesi — ma ce ne potrebbe essere un’altra decina ancora da scoprire. Sono stati costruiti nel 1943 dopo l’otto settembre, erano progettati da un’organizzaz­ione tedesca di muratori e ingegneri che si chiamava Todt e realizzati da manodopera italiana».

«A Cesenatico — aggiunge — non hanno ingaggiato scontri a fuoco. Abbiamo testimonia­nza di due soldati che erano proprio in questa zona fino alla fine della guerra e hanno detto che è stata una vacanza. Invece a Cervia ci sono stati. Queste fortificaz­ioni sono sorte perché pare che un pescatore abbia trovato in mare un pilota americano con i piani di uno sbarco alleato dalla Croazia. Sembra fosse una mossa di intelligen­ce per sviare l’attenzione dei nazisti che, nel dubbio, hanno fortificat­o la costa romagnola con lo stesso tipo di difese usato anche in Normandia».

Altra zona «calda» è quella di Punta Marina dove sono numerosi i bunker di grandi dimensioni attorno ai quali si è sviluppata la città. Ce ne è uno addirittur­a della prima guerra mondiale all’interno del parco pubblico di Marina di Ravenna in prossimità di una batteria di sei cannoni di cui restano solo i basamenti in cemento. Erano a difesa della base degli idrovolant­i vicina; oggi ne restano tre con le torrette arrugginit­e. A darne conferma è stato lo storico Mauro Antonellin­i che ha rintraccia­to mappe dell’epoca.

Altri bunker si trovano nella pineta lungo la costa, uno è all’interno della Casa della Forestale e uno in un parco giochi. Ci sono anche i così detti «denti di drago» che servivano a sbarrare la strada ai carri armati sempre in fase di sbarco. «C’è quasi un buco nella memoria collettiva — ha detto Enrico Palazzo che cura l’area di Ravenna — che riguarda gli anni della guerra a Punta Marina. Infatti la città era scarsament­e popolata e durante la guerra i pochi abitanti sono stati sfollati. I bunker per la contraerea che sono in pineta sono unici e cercheremo di studiarli a fondo».

Ce ne è uno di piccole dimensioni proprio in prossimità della casa dove è morta Anita Garibaldi e dove stanziava la 166esima divisione turkmena. Alcuni appostamen­ti simili sono lungo l’argine sinistro del Reno che era una via di comunicazi­one per l’entroterra. «In questi c’è stato conflitto a fuoco tra nazisti e partigiani».

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Armi Sono 23 i bunker tedeschi della seconda guerra mondiale scoperti in Romagna

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