«Accuse sconcertanti, quali sono le minacce?» Inchiesta sulla Colata, la rivolta di Legacoop
I big dell’associazione contrattaccano dopo i fine indagine a Ghedini e Gamberini: «Danno d’immagine irreparabile» L’accusa: «La vicenda è stata narrata da un solo punto di vista». Il pressing sui pm: «Fare presto e chiudere il fascicolo»
Ma quali minacce e pressioni. Isabella Conti non è stata intimidita per il suo no alla Colata di Idice dalla presidente di Legacoop Rita Ghedini e dal direttore generale Simone Gamberini. I due hanno solo fatto il loro mestiere, quello di rappresentare «e sostenere le proprie associate». I big delle coop rosse leggono i nuovi elementi dell’inchiesta nata dalle denunce della sindaca di San Lazzaro che chiama direttamente in causa i più alti dirigenti di Legacoop Bologna, e decidono che questa volta è davvero troppo, che si è passato il limite. E che bisogna rispondere con forza alle accuse rivolte ai due cooperatori, assieme al tesoriere del Pd Carlo Castelli tra i sette indagati dell’inchiesta sulla mancata costruzione della new town a Idice. Sia Ghedini che Gamberini hanno incontrato la sindaca prima che il Consiglio comunale di San Lazzaro votasse, alla fine del 2014, la decadenza del Poc e quindi l’azzeramento dei diritti edificatori della Colata. «Si doveva preparare», le avrebbe detto il direttore generale, perché le sarebbero venuti «addosso», riferendosi alle possibili richieste di risarcimento dei costruttori (poi avvenute). Mentre la Ghedini le avrebbe chiesto di trovare soluzioni amministrative per «poter non far azzerare i diritti edificatori».
«Sarebbero queste le minacce?», si meraviglia l’ufficio di presidenza di Legacoop Bologna, in una nota firmata da 12 presidenti tra cui Pierluigi Stefanini (Unipol), Adriano Turrini (Coop Adriatica) e Gianpiero Calzolari (Granarolo). Lo avevano già fatto ad ottobre dell’anno scorso, intervenendo compatti quando uscirono i nomi dei due manager tra gli indagati dell’inchiesta dei Carabinieri del nucleo investigativo coordinata dal procuratore Giuseppe Amato e dalla pm Morena Plazzi. Lo rifanno ora, a indagini chiuse, dopo aver letto alcuni passaggi delle denunce della Conti. Una «reiterata narrazione da un solo punto di vista di questa vicenda», puntano il dito i cooperatori. E invece, «non c’è qualcuno contro qualche altro, c’è stata una legittima tutela di interessi di impresa che avevano aderito ad un programma promosso dallo stesso Comune che ha poi deciso di revocarlo». È questa la versione dei big della cooperazione bolognese, supportati anche dal leader regionale Giovanni Monti. «Siamo sconcertati dalla sovraesposizione alla quale continuano ad essere sottoposti» i due dirigenti di Legacoop Bologna, «solo per aver trasparentemente esercitato la loro funzione di rappresentanza», ribadiscono. Media, magistratura, o la stessa Conti, non è chiaro chi sia il principale responsabile di «un danno d’immagine che non potrà essere ripagato da nessuna dichiarazione di estraneità ai reati contestati», attacca Legacoop. Di sicuro, è rivolto alla Procura l’invito a fare presto e «che il fascicolo prenda la direzione dell’immediata chiusura, vista anche l'inconsistenza degli elementi probatori di cui apprendiamo dalla stampa».
Ma non è solo Legacoop a intervenire. Si difendono anche gli avvocati degli altri indagati tirati in causa dalla sindaca. Parla il legale di Germano Camellini, presidente dei revisori dei conti del Comune di San Lazzaro, che avrebbe detto a una dirigente dell’amministrazione «il tuo sindaco ha intenzione di farsi mettere sotto?», e che la Conti ha inteso come farsi investire da un’auto. Ma la dirigente, ribatte l’avvocato Tomaso Guerini, «ha avuto modo di affermare di non aver compreso le precise parole pronunciate» dal suo assistito. Anzi, ribalta Guerini, «le disse che Camellini è una persona scherzosa e che quindi l’aveva considerata come una mera battuta». E che comunque tra lui e la Conti non ci sono «mai stati contatti diretti», da qui «la totale estraneità» di Camellini. Un altro indagato è il sindaco di Castenaso Stefano Sermenghi. Lui invece avrebbe avvicinato un ex assessore di San Lazzaro suggerendogli «di non mettersi contro le coop». Frasi, sostiene l’avvocato Aldo Savoi Colombis, «francamente ben lontane da una violenze o da una minaccia». Resta per ora in silenzio il tesoriere del Pd Castelli, così come tutto il suo partito. Mentre per l’avvocato Guido Magnisi, c’è «un’evidente distonia giuridica tra un’accusa tanto grave e la condotta» dell’imprenditore Massimo Venturoli della Palazzi srl, da lui difeso, che avrebbe solo esposto, «le gravi conseguenze che il Comune rischiava di subire dal punto di vista finanziario». Ma non finisce qui. Nei prossimi giorni in Procura si attende una sfilata di indagati, che chiederanno di essere interrogati per chiarire la propria posizione.