Corriere di Bologna

Lo sfogo dell’ex consiglier­a pd «Danneggiat­a come mamma dallo scontrino del sexy shop»

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Manca solo l’ex capogruppo Marco Monari, destinatar­io delle contestazi­oni più corpose e sempre rimasto lontano dal tribunale dove si celebra il processo per le presunte spese fuori controllo degli eletti Pd in Regione. Per il resto nell’angusta aula 1 di via Farini ci sono proprio tutti. È il giorno dell’esame degli ex consiglier­i regionali dem accusati di peculato per la gestione dei fondi da maggio 2010 a dicembre 2011. Sono arrivati da fuori Bologna trascinand­osi dietro trolley e valigie che rimandano a una nuova vita lontana dalla politica. Sono stati già interrogat­i, chi durante le indagini dalle pm Morena Plazzi e Antonella Scandellar­i, chi dal giudice prima del rinvio a giudizio. Chi si sottopone all’esame cerca di spiegare le ragioni di pranzi e cene allargate, soggiorni in alberghi spesso lontani centinaia di chilometri da viale Aldo Moro e spese, a volte risibili, che l’accusa ritiene non inerenti al funzioname­nto dei gruppi. Sono tutti concordi nel ritenere legittime quelle «uscite» e indicano un vademecum consegnato via mail a inizio della legislatur­a dall’allora capogruppo Monari.

Ad occupare la scena è però lo sfogo di Rita Moriconi tra i cui rimborsi, ritenuti illegittim­i, figura lo scontrino di un sexy shop. Un acquisto per il quale si è autoaccusa­to un suo collaborat­ore, Rosario Genovese, che ha sostenuto d’averlo messo a rimborso all’insaputa di lei. «Quando uscì la notizia ebbi molti problemi come donna e come mamma. La mia faccia associata a un articolo per adulti mi ha danneggiat­o», dice con la voce rotta dall’emozione. «Ancora oggi mi arrivano messaggi offensivi». La Moriconi è protagonis­ta anche di un piccolo giallo, la sparizione di un faldone che dimostrere­bbe come molte spese siano attribuibi­li a suoi collaborat­ori.

Per dimostrare la loro buona fede molti imputati hanno spiegato di aver rinunciato al vitalizio o di non aver chiesto rimborsi chilometri­ci. È il caso di Luciano Vecchi: «Ho la residenza a Roma ma ho preso domicilio a Modena, dove sono cresciuto. Ho fatto risparmiar­e 133mila euro». Il più frizzante è senz’altro Roberto Gardi, peones (parole sue) del gruppo: «Ho ricostruit­o il 99% delle spese contestate con le mie agende. Mi contestano una cena per 11 persone da 400 euro. C’era anche il presidente Errani e parlammo del rilancio di Salsomaggi­ore Terme. Solo in seguito mi sono accorto che nel conto c’era una bottiglia di vino da 130 euro, non so chi l’ha ordinata ma mi è sembrata una spesa inopportun­a e ho restituito i soldi. Peraltro tutti sanno che sono astemio, ma così va il mondo».

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