RoBot redivivo
Avolte è necessario fare un passo indietro per mantenere l’equilibrio e rimanere in piedi. roBot, il festival che da quasi un decennio mostra alla popolazione cittadina lo stato di salute della musica elettronica, ha dovuto fare un passo indietro, salvando l’edizione 2016, dopo il buco economico della passata stagione che ha seriamente compromesso il futuro della manifestazione.
Infatti, le 18 mila presenze di roBOt 8 non sono state sufficienti a coprire i costi della rassegna. Quindi dal 5 all’8 ottobre la kermesse ridimensiona gli spazi (Ex Ospedale dei Bastardini e Cassero) ma non lo spirito che da sempre lo contraddistingue. Come il solito, la sfilza dei nomi in cartellone è densa e numerosa. La rappresentanza italiana quest’anno, solo per citarne alcuni, è massiccia con il ritorno di Memoryman, Paolo Iocca; la presenza di Fabrizio Mammarella, tra gli esponenti più personali del nuovo suono made in Italy; Nicola Ratti, l’uomo dell’elettroacustica e di Volkwerk Folletto, che dal suono dell’aspirapolvere ha costruito un progetto musicale. Dietro a questo nome si nascondono Andrea Renzini e Gian Luca Patini e la loro prima uscita discografica, oltre al compact disc, conteneva un sacchetto per la polvere. Considerando il nome non poteva essere altrimenti.ù
Ovviamente non mancheranno neanche gli spettacoli più originali e curiosi. In questa categoria rientrano sicuramente la performance del Quiet Ensemble, che dal 2009 cerca di far suonare la luce, o lo «sleep concert» di Rabih Beaini, The repetition of dreams, spettacolo concepito appositamente per roBOt e pensato per un massimo di 50 spettatori (il live è già sold out) che saranno accompagnati nel sonno. Il consiglio degli organizzatori è di portarsi un sacco a pelo, cuscini o una superficie comoda dove sdraiarsi per una notte, per poi lasciarsi cullare dai suoni e dalle immagini. Un concerto per addormentarsi e sognare, o per rimanere piacevolmente svegli fino al mattino. Significativa anche la presenza femminile, più di ogni altra edizione, con Petit Since, nome d’arte di Hazina Francia, sangue indiano e residenza romagnola con un suono cupo e tremendamente viscerale; Beatrice Dillon, capace di infilare nei suoi dj set colonne sonore, world music e ambient con molta naturalezza; Aurora Halal, una delle luci più solari della musica elettronica attuale e Peggy Gou, da Seoul, la prima dj coreana acclamata ai quattro angoli della Terra, pronta per diventare la regina indiscussa dei dancefloor. Su tutto il programma di roBOt svetta la presenza di Hieroglyphic Being, al secolo Jamal Moss, fondatore dei Dirty Criminals, eroi del Chicago sound, che con il suo nuovo nome d’arte cerca di mantenere viva l’old school, piegando al suo volere l’elettronica, il free jazz, o l’afro. Non da meno è la presenza di Stingray 313, l’uomo col passamontagna che ha fatto della techno il suo verbo. Tra i restanti nomi, da evidenziare la joint-venture intercontinentale dei Mop Mop Electric Trio, con l’innesto temporaneo di Wayne Snow; il personaggio più misterioso dell’intera rassegna, Inner Lakes; i campioni di funk The Grasso Brothers; gli amanti del suono analogico The Analogue Cops e l’house di Nudge e Nas1.
Il costo dei biglietti varia da 8 a 12 euro, ma si potrà acquistare un day pass a 32 euro che darà la possibilità di vedere tutti gli spettacoli all’Ex Ospedale dei Bastardini (tranne il concerto notturno), al Cassero, invece, l’ingresso costerà 15 euro e dalle ore 23 prenderà vita la festa finale.
Per il programma completo si può consultare il sito www.robotfestival.it/2016. Abbandonati i nomi altisonanti degli anni precedenti, l’intera edizione di quest’anno è costata la metà di un singolo cachet di un dj famoso presente nel 2015, roBOt si è concentrato, anche, sugli artisti del territorio, che hanno capito in che cattive acque stava navigando la rassegna ed hanno accettato di dare una mano. roBOt 9 ha fatto un passo indietro, tornando dove tutto è iniziato tanti anni fa (Cassero). Sì, a volte è necessario ritornare sui propri passi per vedere un futuro…… più luminoso.