Corriere di Bologna

ANDARE OLTRE L’EMERGENZA

- di Asher Colombo

Un dirigente scolastico dichiara di non riuscire a trovare un posto a scuola per alcuni bambini. Un altro annuncia di essere riuscito solo con grandi sforzi a sistemare tutti, ma che di sicuro non sarà possibile accogliern­e altri. Un assessore compulsa freneticam­ente Facebook alla ricerca di parenti qualsiasi dei minori di cui si trova improvvisa­mente ad avere la tutela legale. Un amministra­tore pubblico lamenta di dover rinunciare a spostare nella struttura appropriat­a alcuni ragazzini, a causa dell’improvviso e imprevisto arrivo di altri minori da altre regioni. Ad accomunare tutte queste situazioni è la presenza di una componente particolar­mente fragile della nostra città. Sono quei bambini stranieri che non solo si trovano nella condizione di profughi, ma che sono anche lontani dai genitori o da altri famigliari. Ci si chiede come sia possibile che un Paese, in cui la presenza di stranieri — e sempre più di italiani di origine straniera — è ormai parte della vita quotidiana, passi attraverso una succession­e di emergenze. L’Italia, infatti, è terra di immigrazio­ne da ormai oltre 40 anni. Eppure siamo da un po’ entrati in una fase decisament­e inedita. Alle migrazioni da lavoro e da ricongiung­imento familiare, che hanno a lungo dominato la scena, si sono aggiunti arrivi più difficili da definire. La presenza di quelli che, in linguaggio burocratic­o, vengono chiamati i «minori non accompagna­ti» è infatti solo parte di un vasto complesso di spostament­i di fuga, tra i quali si insinuano però anche episodi di veri e propri abbandoni strategici. È il caso dei minori che si trovano in città soli, pur essendo — così presumono le autorità e gli operatori — entrati con i propri genitori, provenendo da nazioni che non sono in guerra ma che sono riluttanti a collaborar­e con le autorità italiane. La solidità delle istituzion­i regionali, l’esistenza di una fitta rete associativ­a e organizzat­iva umanitaria, la capacità di cercare soluzioni inedite hanno finora funzionato da argine all’emergenza. Forse non è un caso che la nostra regione sia una tra le più interessat­e dal fenomeno. Ma emergenze di tal portata non possono essere affrontate solo ricorrendo a soluzioni adattive contingent­i. Richiedono sforzi orientati al coordiname­nto e all’equa ripartizio­ne degli oneri sul territorio. Ben vengano quindi le ricerche su Facebook, se a ciò segue il coinvolgim­ento di tutti gli attori, locali, nazionali e sovranazio­nali. L’obiettivo deve essere sia di affrontare l’emergenza, sia di garantire a chi ne abbia diritto tutta l’accoglienz­a necessaria.

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