Quella pioggia di telefonate e sms per arginare lo tsunami Conti E c’è chi la voleva «fuori dal Pd»
Telefonate frenetiche, sms smozzicati e incontri repentini solo apparentemente al riparo da sguardi indiscreti. La vicenda della Colata di Idice, il maxi insediamento edilizio che imprenditori e coop vedono lentamente tramontare, è da poco finita sotto la lente della Procura dopo che la sindaca Isabella Conti ha denunciato presunte pressioni indebite per spingerla a fare retromarcia. A gennaio 2015 la notizia è ormai pubblica e innesca un vortice di telefonate, abboccamenti e strategie da mettere in campo.
Le intercettazioni e i pedinamenti agli atti dell’inchiesta, chiusa nei giorni scorsi con l’avviso di fine indagine per sette tra dirigenti cooperativi, costruttori e «pezzi» del Pd bolognese, restituiscono l’immagine di un mondo politico-imprenditoriale in subbuglio. Si muovono in tanti, non solo gli indagati, nei giorni caldi che precedono il tormentato voto in Consiglio comunale sulla decadenza della new town dal Poc. Le conversazioni, seppure condizionate dall’emersione dell’inchiesta e non tutte ritenute penalmente rilevanti, offrono uno spaccato interessante di cosa si mosse dopo la decisione della Conti di azzerare il progetto per la mancata presentazione delle garanzie da parte del Consorzio. «In questo contesto non si sono tuttavia allentate quelle che sono state considerate pressioni da parte di alcuni protagonisti della vicenda», annotano i carabinieri nelle informative.
L’espulsione
Tra i più attivi c’è Aldo Bacchiocchi, ex sindaco di San Lazzaro ed esponente storico del Pd, che preme in ogni modo affinché Conti trovi un accordo con le coop. Si spende «condannando apertamente l’atteggiamento della Conti, sia per il no al progetto che per la decisione di rivolgersi ai pm». Telefona al consigliere comunale di San Lazzaro Alessandro Battilana e rimarca la possibilità di una causa milionaria: «Il Comune è già pregiudicato in queste cose, di conseguenza si risolve solo con un accordo, l’ho detto alla Conti». In una riunione dell’area Cuperlo, Bacchiocchi, scrivono gli investigatori, arriva a chiedere «che il partito espella la sindaca per l’atteggiamento mostrato» su Idice.
L’incontro col premier
La preoccupazione dei vertici di Legacoop per la piega che ha preso la vicenda è palpabile. È naturale che la presidente Rita Ghedini ne parli al telefono con il dg Simone Gamberini e con altri cooperatori. Si commentano le notizie apparse sui giornali e si solidarizza con Germano Camellini, il primo a essere accostato alle presunte pressioni: «Non ho parole, assurdo, ti abbraccio», gli scrive in un sms. Ghedini, annotano i carabinieri, «condanna» la nomina della Conti ad assessore all’Urbanistica della Città metropolitana e in occasione della visita a Bologna del premier Matteo Renzi «contatta svariati soggetti dello staff presidenziale per ottenere un incontro su Idice». In una telefonata dice a Gamberini che «è riuscita solo a buttare lì una battuta a Renzi mentre usciva». In quella stessa occasione il premier espresse solidarietà alla Conti, concedendole un incontro privato.
Paura in Consiglio
Massimo Venturoli, amministratore della Palazzi, tra i soggetti attuatori del progetto, è convinto che l’unica strada per impedire l’azzeramento della Colata sia una causa milionaria: «Solo la richiesta di danni spaventa i consiglieri, è l’unica cosa che capiscono», dice al telefono a un collaboratore. A San Lazzaro il clima tra i consiglieri è teso e non è certo che tutti voteranno la decadenza dal Poc. La conferma arriva dalla Conti, che teme di perdere qualcuno per strada: «So che ci sono consiglieri, almeno due, che rispondono al mondo cooperativo... altri sono preoccupati e non voterebbero contro, ma potrebbero non presentarsi», dice al telefono. La sua vice D’Eramo le fa presente che in molti «stanno subendo un pressing pazzesco», un concetto ribadito in un’altra conversazione con l’assessore Archetti («se la stanno facendo sotto dalla paura, pare che il consigliere Hagedoorn stia pensando di dimettersi prima del voto»).
Il pedinamento
Agli atti dell’inchiesta c’è anche la foto di un incontro tra Mauro Roda (non indagato), ex tesoriere del Pd, e Venturoli. Per gli inquirenti è l’attuale presidente di Fondazione 2000, la cassaforte del partito, a intercedere con la Conti per fargli avere un appuntamento. I due si sentono il 9 gennaio e si accordano per pranzare assieme. S’incontrano in via Saragozza e vengono fotografati dai carabinieri. Roda incontrerà anche Bacchiocchi e Stefano Sermenghi, annotano gli investigatori. Proprio il sindaco renziano è protagonista di una telefonata registrata il 20 gennaio, pochi giorni dopo l’audizione in Procura. Dice a un tale Massimiliano: «Nel mio caso va tutto bene, diciamo che alla Procura piace l’idea di sfruculiare nel mondo coop. Gliel’ho detto che i buoni non sono quelli che sembrano... perché se vanno a tirare fuori le magagne del sistema è tutto un altro andare. Io di quelli lì non sono amico, da Stefanini in giù appoggiano Merola. Il legame è evidente, se Gamberini fa il sindaco dieci anni e poi va a fare il direttore della Lega... Stefanini decide chi deve fare il sindaco di Bologna», dice Sermenghi, che mesi dopo si sarebbe fatto avanti come sfidante di Merola, ma trovò chiuse le porte del partito. Agli atti c’è infine una telefonata ricevuta da Andrea Mari, tecnico di San Lazzaro impegnato nella formazione del Poc nella giunta Macciantelli sul quale hanno acceso i riflettori i pm, e una donna che parla per conto dell’ex sindaco. Nella conversazione «si distingue la voce di Macciantelli accanto alla donna» che suggerisce un appuntamento. «Vuol parlare di quella roba lì, hai capito?».
Sermenghi Io di quelli lì non sono amico, da Stefanini in giù appoggiano Merola. Il legame è evidente, se Gamberini fa il sindaco dieci anni e poi va a fare il direttore della Lega...