«La Effe mi ha tradito ma resta il mio amore»
Anconetani: «Addio doloroso. Domani sfido la Virtus da ds di Piacenza: per me è un derby...»
Tre anni fa Dante Anconetani nemmeno si occupava di basket. Domenica invece arriverà a Casalecchio con Piacenza, primo avversario della Virtus in A2, il club di cui ora è ds dopo una tumultuosa stagione e mezza da presidente della Fortitudo.«Dovrò sforzarmi per non trasmettere alla squadra il mio stato d’animo. Per loro è una normale prima di campionato, per me è un derby personale. Non posso farci nulla, ce l’ho sotto la pelle. E non so cosa darei per giocare io».
Nostalgia da derby di un’altra epoca?
«Quando giocavo, il derby era tutto. E mica era una Fortitudo ricca, tutt’altro, i ricchi erano solo loro. Si parlava del derby tutto l’anno e se lo vincevamo l’euforia durava un mese»
Dall’archivio: ne ha giocati cinque, vinti due…
«Indimenticabile una vittoria con Marcellone Starks che ruba palla e va dall’altra parte a schiacciare: mai visto né prima né dopo. Io segnai 14 punti, un’enormità per me che ero un play all’antica. Il secondo tempo andò sulla Rai e noi facemmo la partita perfetta (era il 7 gennaio 1981, ndr). Poi non posso dimenticare il derby che ci hanno rubato…».
Quello dei 4 secondi, 9 novembre ’80?
«Certo. Noi sopra di 2 e palla loro, Villalta pareggia ma passò un tempo infinito, altro che 4 secondi… Non l’ho mai mandata giù. Con Villalta ci abbiamo scherzato anche di recente: alla sua velocità impossibile segnare in 4 secondi dalla rimessa dal fondo, con tre passaggi in mezzo».
Un anno e mezzo fa lui era presidente Virtus e lei della Fortitudo. Poi…
«Siamo anche coetanei, tutti due del ’55. Curioso, entrambi defenestrati dalle società che tanto amiamo. Ma sono storie diverse». La sua come andò? «È stata una vicenda dolorosa. La proprietà decise all’improvviso di cambiare strada. Ci furono strascichi spiacevoli. Sinceramente, è stato duro vedere tutto quel lavoro portato avanti e fatto fruttare da altri. Ma è la Fortitudo e l’avrò sempre nel cuore. È come un figlio che ti tradisce: ci stai male, ma resta sempre un figlio». Oggi che Fortitudo vede? «Un club che ha la fortuna di essere seguito da un popolo che non ha eguali. Ovunque contano solo i risultati, alla Fortitudo contano un po’ meno, perché davvero subentra la fede. Tre anni fa, quando mi chiamarono per ricostruire da zero, era impensabile arrivare in così poco tempo a 4.600 abbonati». La F inizia nella sua Chieti. «Proprio una strana domenica, io a Bologna contro la Virtus e la Effe a casa mia. Ho il cuore diviso in due, a Chieti ho ancora tanti parenti e amici. Ad esempio sono stato compagno di squadra di Renato Mancinelli, papà di Stefano. Fortitudo favoritissima». La sua Piacenza com’è? «Sulla carta una buona squadra, che però deve trovare la chimica. E finora Hasbrouck è stato leader perfetto».
In lotta per la A ci mette anche la Virtus?
«Sì, e non solo perché ho grande rispetto della sua tradizione. Emotivamente per loro è un esordio difficile, ma se si mettono a posto in fretta la squadra è fortissima».