La città dei «vuoti» urbani
Viaggio tra edifici privati, ex caserme, scuole e centri commerciali abbandonati. Il caso del Lazzaretto Riqualificazioni fallite o mai decollate: un milione di metri quadrati da riempire
Oltre un milione di metri quadrati in cerca di riscatto: a tanto ammonta il patrimonio da riqualificare incluso nel Poc di rigenerazione di patrimoni pubblici. Senza contare quelle quanto è rimasto fuori da quel conto.
Una città nella città che attende, in alcuni casi da parecchi anni, di rinascere a nuova vita. Aree ex militari, ex ferroviari, edifici pubblici dismessi e proprietà private. A volte, purtroppo, di tratta di vuoti causati da riqualificazioni (soprattutto commerciali) mancate o fallimentari, come accaduto all’ex Dima di via Emilia Levante o dietro la stazione di via Zanolini. Mentre nel comparto di rilancio dell’ex Lazzaretto, ancora al palo, solo un condominio è stato completato.
Potrebbe essere ribattezzata Bologna 2, una città dentro la città, fatta di aree pubbliche in attesa del definitivo rilancio, edifici abbandonati e spazi dimenticati. Tante occasioni perse per dare un significato agli annunci sul consumo zero di suolo o per affrontare temi sociali come l’emergenza abitativa, che ha messo in luce la necessità di recuperare sempre più locali sfitti. «Buchi» nella mappa cittadina, tessere mancanti di un mosaico difficile da ricomporre a causa di risorse economiche mai sufficienti, iter burocratici infiniti o semplice disinteresse. Sullo sfondo la crisi del mercato immobiliare e delle costruzioni che ha favorito lo stallo attuale e ha creato nuovi mostri nella galleria degli orrori della città buttata via e difficile da recuperare: secondo i dati del Comune tra il 2011 e il 2015 è stato progettato in città il 68,4% in meno di abitazioni rispetto alla media dei cinque anni precedenti, in calo anche quelle iniziate (-67,6%) e quelle terminate (-63,3%).
Le aree «ex»
Ex militari, ex ferroviarie, ex industriali: il cuore della città da riqualificare è formato da una lunga lista di aree dismesse. «Aree della trasformazione», è la definizione ottimistica utilizzata da anni a Palazzo d’Accursio. Molte di queste aree fanno parte del Poc di rigenerazione di patrimoni pubblici approvato lo scorso marzo, 1 milione e 75.000 metri quadri di superficie in cerca di riscatto: solo una parte del patrimonio che, tra enti pubblici e soggetti privati, andrebbe riqualificato. L’area dei Prati di Caprara è al centro della «grande trasformazione» promessa dal 2007: Ferrovie dello Stato spiega che l’area di sua competenza sarà presto messa in vendita, insieme a quella del Ravone. Tempi ancora più stretti vengono annunciati da Fs per il bando di vendita dell’area ferroviaria ex Oma (via Attilio Muggia, vicino al ponte di via Stalingrado, dove è stato abbattuto l’ex Livello 57). Attesa anche per capire le sorti della Staveco e del suo campus universitario, da realizzare entro il 2020 secondo le previsioni dell’Alma Mater: deve ancora essere reso noto il piano edilizio 2016 dell’Università, dal quale si dovrebbe capire qualcosa in più (intanto il Comune ha annunciato l’ampliamento del parcheggio). Poi c’è l’ex Manifattura Tabacchi, rimasta appesa al Tecnopolo, che ha ritrovato qualche spiraglio di luce con la candidatura a sede del Centro meteo europeo. L’area dell’ex mercato ortofrutticolo al Navile non riesce a trovare pace, è di luglio il passo indietro di Investire Sgr sulla realizzazione di 319 alloggi di edilizia residenziale sociale, mentre avanzano i lavori dell’Ausl per il poliambulatorio e il recupero della Tettoia Nervi. E all’ex fabbrica Sabiem a Santa Viola? Solo l’Opificio Golinelli ha concluso la missione di rilancio.
Nella lista delle ex aree militari (una ventina) ci sono anche tre caserme (Mazzoni, Masini e Sani) che rappresentano 158.000 metri quadri di possibilità: la competenza è passata dal Demanio a Cassa depositi e prestiti. La Masini dal 2012 è occupata dal collettivo Làbas, quali siano gli sviluppi attuali è difficile saperlo: uno studio di architettura cittadino ha in mano i progetti di riqualificazione, ma è presto per dire come andrà. La caserma Mazzoni è al centro di un braccio di ferro con i cittadini della zona, mentre la Sani, dove oltre agli uffici sono previsti un parco e una scuola, rimane in stallo e in cerca di finanziatori. Scuole, ospedali e uffici giudiziari
Le ex scuole Ferrari di via Toscana di proprietà della Carisbo non hanno vissuto sussulti dopo lo sgombero del febbraio 2016. Il Comune ha più volte rinviato la demolizione e la ricostruzione delle scuole Carracci di via Felice Battaglia, il cui iter secondo il Comitato di cittadini «Riapriamo le Carracci» è ancora in alto mare dopo le ultime previsioni di termine dei lavori nel 2018. Un’altra scuola, le Tempesta di via Martelli aspettano da anni un ampliamento. In questa carrellata trova posto anche l’ex clinica Beretta di via XXI Aprile: l’Ausl conferma che l’edificio resta in vendita dopo lo sgombero. Nulla di definito anche per l’ex sede della Procura di piazza Trento e Trieste, di proprietà dell’Unipol: il gruppo spiega che c’è allo studio un progetto di riqualificazione, ma non aggiunge particolari. Anche le ex Poste di via Agucchi e l’ex Inps di via dei Mille, dopo gli sgomberi, non hanno avuto sviluppi per eventuali restyling.
I flop commerciali
Un capitolo a parte, forse il più triste, è quello delle riqualificazioni commerciali fallite, o mai decollate. Nel loro decennale le Officine Minganti offrono il loro lato peggiore: solo il supermercato Coop e la palestra Virgin mantengono viva la galleria. Uno spazio è affittato alla profumeria Limoni, un altro a un centro Apple, poi regna il deserto e i proprietari della Investire Immobiliare Sgr non chiariscono quali progetti di rilancio ci siano allo studio. Ancora più desolante l’ex centro commerciale Dima di via Emilia Levante, quasi impossibile rintracciare i proprietari. Attorno alla stazione di via Zanolini, al pian terreno delle palazzine nate negli ultimi anni attorno alla stazione, dovrebbero esserci uffici e negozi: non c’è nulla, una lunga serie di vetrine vuote. Hanno aperto solo un ristorante greco e una pizzeria. «Mancano da vendere tre case, anche i locali commerciali sono tutti venduti, non sappiamo perché non abbiano aperto», spiegano dall’ufficio immobiliare del condominio. La città che fu vetrina del centrosinistra qui deve fare i conti con le vetrine vuote.
Il piano di rigenerazione del Comune non esaurisce la città da riqualificare