L’IMMOBILIARE DEL PARTITO E LE PAURE DEI FUNZIONARI
Squilla il telefono del tesoriere del Pd Carlo Castelli, dopo l’audizione in Procura. Lo chiama il responsabile Feste Fabio Querci per sapere com’è andata. Tante domande, racconta Castelli, su Pd e Fondazione Duemila, cassaforte del partito. «Non è che ora ipotizzano un finanziamento illecito?», si preoccupa l’altro. Anche se l’indagine non arriverà a occuparsi di questo.
«Un progetto sballato fin dall’inizio». «Ma è paradossale pensare a pressioni stile mafia». «È il classico rapporto fra imprese di costruzioni, non solo coop, e amministrazioni locali». «Business as usual». «Poi che sia ormai difficile distinguere la logica imprenditoriale delle coop da quella dei privati, è un cambiamento di stagione».
L’affaire Idice nella sintesi di Lanfranco Turci. Uno che è stato presidente della Regione e poi della Legacoop nazionale, comunista migliorista, parlamentare. Scrive su MicroMega. Non è mai entrato nel Pd. «Do una mano a Sinistra italiana, a Stefano Fassina. Non roba da duri e puri ma ricerca di un’autonomia intellettuale rispetto alla cultura liberista portata al paradossale da Renzi». Ieri era a Firenze a per il No al referendum.
Un anno fa ha scritto su Facebook di San Lazzaro. Ha ripubblicato il commento adesso.
«Il progetto era sballato fin dall’inizio, lo è diventato ancora di più con la crisi. I costruttori hanno cercato di salvare il loro business. Ma non si possono nemmeno immaginare, al di là dei compito della magistratura, pressioni tipo mafia. C’è sempre stato un rapporto particolarmente stretto fra amministrazioni e costruttori in Emilia-Romagna: l’Istituto Nazionale di Urbanistica certifica la più alta occupazione del territorio. E che a guidare le cordate siano le coop è naturale: hanno una storia più lunga con le amministrazioni di sinistra». Il Pd? «All’inizio ha elevato, con Bonaccini, la sindaca a paladina della legalità. Poi ho frenato. Isabella Conti ha fatto bene a bloccare. Ma il problema non mi pare giudiziario, piuttosto dell’incapacità di autonomia di tante amministrazioni di sinistra di una politica territoriale a prescindere dagli interessi pur legittimi dei costruttori». E le coop? «Sono cresciute in maniera esponenziale, il potere dei manager non è controllato dalla base sociale. Molti anni fa dissi che stavano perdendo il socio di riferimento. Non è un discorso moralistico, è un cambiamento di fondo. Il fatturato, l’affare vengono prima di tutto».