Corriere di Bologna

Le ragioni del Sì e di chi vuole sbloccare il Paese

- Di Giuseppe Paruolo Consiglier­e regionale Pd © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Stanco delle esagerazio­ni e degli insulti che dominano il dibattito sulla riforma costituzio­nale, ho cercato la chiave di lettura per comprender­e le regioni delle persone che stimo che votano no. L’ho trovata nelle parole di Carlo Smuraglia nel confronto con Matteo Renzi alla Festa dell’Unità, quando ha detto che con la bocciatura della riforma non sarebbe successo nulla, il Paese sarebbe rimasto proprio com’era. Concetto ribadito da Gustavo Zagrebelsk­y e da ultimo anche dalla mia collega Silvia Prodi ieri su questo giornale. La riforma costituzio­nale viene percepita come una semplifica­zione del quadro istituzion­ale che aumenta la possibilit­à per chi vince le elezioni di governare il Paese. Coloro che pensano che una più forte governabil­ità sia un bene votano Sì, quelli che pensano che invece sia un male votano No. La governabil­ità debole è una costante della politica italiana: in 70 anni si sono succeduti ben 63 governi. Era la prassi col proporzion­ale, ma anche col maggiorita­rio non è cambiato molto: vuoi per coalizioni raffazzona­te, vuoi per gli esiti differenzi­ati sulle maggioranz­e di Camera e Senato dei sistemi elettorali. Dopo decenni di stagnazion­e, continuare a preferire una governabil­ità debole rivela che il timore che possa essere usata per cambiare in peggio prevale sulla speranza che venga usata per cambiare in meglio. C’è chi ritiene che si possa andare avanti così, mentre io penso che restare fermi sarebbe un dramma. Il problema non è la fuga degli investitor­i stranieri in caso di vittoria del No, ma il fatto che tanti investitor­i (non solo stranieri) siano andati via e ora dobbiamo convincerl­i a tornare. Vivendo al di sopra delle nostre possibilit­à, abbiamo aumentato il debito pubblico e rubato il futuro ai giovani. Chi può pensare che si possa andare avanti così? Forse chi non è toccato dalla crisi. Chi non ha mai fatto esperienza di concorrenz­a in settori non assistiti dalla politica. Chi si illude che si possa redistribu­ire ricchezza senza preoccupar­si di produrla. Moltissimi sono in buona fede, ma lo era anche chi continuava a ballare sul Titanic sicuro che non sarebbe mai affondato. La riforma non è perfetta né di per sé risolutiva, ma non comporta alcun rischio di torsione autoritari­a e assicura una maggior governabil­ità, che poi andrà utilizzata per il meglio. Rifiutarla significa perpetuare l’ingessatur­a del Paese, nell’illusione (esiziale) che basti stare fermi per salvarci. Voto Sì per scommetter­e sulla speranza dell’Italia di cambiare e risollevar­si.

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