Andreatta: «Ulivo finito Ma Merola fa bene quando chiede alleanze»
Il politologo Andreatta: «Il bipartitismo non ha funzionato, serve un progetto federale»
Il nuovo Ulivo? «Non si torna indietro ma il progetto di Merola può servire a ricostruire una coalizione», dice Filippo Andreatta.
Come legge il risultato del referendum costituzionale vinto in maniera netta dal fronte del No che ha poi portato alle dimissioni (congelate per qualche giorno) del premier Matteo Renzi?
«Questo voto — spiega Filippo Andreatta, docente di Scienza Politica a Bologna e a Trento — mi sembra molto partitico e politico, molto di più di quello che normalmente succede in un referendum. E soprattutto mi pare una simulazione di un ballottaggio dell’Italicum, che alle politiche porterebbe allo stesso risultato perché in un sistema tripolare le due opposizioni, la destra e il Movimento Cinque Stelle, si uniscono. In Italia il Sì ha incassato circa 12 milioni di voti che sono quelli in dote al Pd da quindici anni a questa parte, fin da quando c’erano Ds e Margherita insieme».
Quindi, una volta che il voto è diventato politico, quella del referendum era una sconfitta prevedibile?
«Non era prevedibile in queste proporzioni ed è questo che mi fa pensare che quei voti si salderebbero in un ballottaggio alle elezioni politiche con l’Italicum e che questo porterebbe a una netta sconfitta del Pd».
Qual è a suo avviso l’exit strategy da questa situazione per il Partito democratico?
«Il Pd ha ereditato alcune caratteristiche dall’Ulivo rispetto alla sinistra tradizionale: la scelta dei leader con le primarie, un progetto postideologico e una vocazione di governo. Quello che non ha ereditato per scelta, a partire dalla stagione della “vocazione maggioritaria” di Veltroni, è una strategia di coalizione. La figura di Renzi è emblematica in questo senso, è un leader che dà il meglio di sé nella dialettica e nella polemica, non è un federatore. Provare la strada della vocazione maggioritaria per favorire la costruzione di un sistema bipartitico era una strada di modernizzazione che andava tentata, ma dobbiamo prendere atto che non ha funzionato e che oggi siamo in un sistema tripolare. Bisogna tornare a un progetto federale».
Il sindaco Merola assieme all’ex sindaco di Milano Pisapia, a quello di Cagliari Zedda e a Gianni Cuperlo ha lanciato un’iniziativa politica per rilanciare un Nuovo Ulivo il prossimo 19 dicembre a Bologna. Pensa che sia la direzione giusta?
«Non si può far rinascere le cose del passato. Se però questo progetto ha l’ambizione di ricostruire uno spirito federatore del Pd che punti a costruire una coalizione facendo crescere gli alleati allora può servire. Il Partito democratico deve essere il baricentro e però deve avere degli alleati che riescano a rappresentare in parte le spinte anti-sistema che altrimenti vanno tutte al Movimento Cinque Stelle. Nel 2006 ai 12 milioni dell’Ulivo si sommarono 7 milioni di voti alleati. Naturalmente bisogna farlo con gradualità per non tornare ad errori del passato, ma bisogna offrire uno spazio di rappresentanza a formazioni più estreme e radicali, riportandole in coalizione di governo».
Pensa che si debba tornare ad una legge elettorale proporzionale?
«No, però sicuramente serve almeno una correzione dell’Italicum con l’introduzione di un premio di coalizione, serve un cambiamento di rotta e bisogna basarsi di più sulla rappresentatività che sul decisionismo: le grandi riforme senza un largo consenso nel Paese non si fanno».
I flussi elettorali elaborati dall’Istituto Cattaneo dicono che a Bologna e a Firenze il Sì ha vinto grazie al cosiddetto Partito della Nazione. Come legge questo dato?
«Più che il Partito della Nazione è apparso il Partito di Renzi. Il Sì a livello provinciale ha vinto solo a Firenze e nelle province limitrofe, più Modena, Reggio e Bolzano».
Il risultato controcorrente di Bologna? Più che il Partito della Nazione qui è apparso il Partito di Renzi Il Pd deve conquistare degli alleati che rappresentino le spinte anti-sistema