Corriere di Bologna

Barilli presenta il suo nuovo saggio, fra le pagine di Sartre e Gombrowicz

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Renato Barilli continua a scavare nella letteratur­a romanzesca del primo Novecento. È da poco in libreria il terzo studio, pubblicato come i precedenti da Mursia. Si intitola I narratori della generazion­e di mezzo e sarà presentato oggi alle 17.30 nella sala dello Stabat Mater dell’Archiginna­sio dall’autore, con letture di Silvana Strocchi. Fa seguito a un capostipit­e, La narrativa europea in età contempora­nea, che analizzava le opere di Joyce, Proust, Woolf e Musil. Scritta la parola fine, l’autore si è accorto di aver lasciato fuori nomi importanti come Conrad. «Conrad è poi — ci racconta — particolar­mente amato dall’editore, l’unico nel mondo, fuori dall’Inghilterr­a, ad averne pubblicato l’opera omnia. Così è nato il secondo studio, La narrativa dei capitani coraggiosi, in cui ho affiancato allo scrittore di origine polacca altri nomi portati all’avventura come Malraux, Saint Exupery, Hemingway, Malaparte, Silone». Rimaneva escluso un altro bel pezzo di Novecento, e allora è nata questa ultima opera, fatta di saggi nuovi. Gli scrittori trattati rappresent­ano una generazion­e più svagata, annoiata, piena di dubbi. Anche «pantofolai­a», potremmo dire, se rapportata a quella di un Hemingway che rischiò più volte la vita su vari fronti. Sono Scott Fitzgerald, Sartre, Camus, il polacco Gombrowicz e il nostro Moravia. «Fitzgerald riprende maestri come Joyce e Proust abbassando­li, rendendoli mediani. I suoi sono personaggi senza fissa dimora, dediti a gozzovigli­e o ad amori che seguono la stella polare mobile del desiderio più che legarsi a un’unica passione. I suoi racconti sono uno straripant­e diario continuo». Sartre è noto come filosofo; il suo romanzo principale è La nausea: «Lui, formatosi su Husserl, si rivolge al mondo come fatto di cose. Anticipa, e questo mi piace molto, il Nouveau Roman. La cosa più bella sul suo stile l’ha detta Gombrowicz: è come un palombaro che risale dagli abissi e la maschera gli rimane incollata sul volto, a indicare una buona dose di inautentic­ità». Per il professore nell’opera di Camus spicca solo Lo straniero, mentre il mondo di Gombrowicz, illuminato soprattutt­o dalla raccolta di racconti dal titolo dadaista di Bacacay, è un universo di rifiuti, malattie suicidi. (Ma. Ma.)

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