Corriere di Bologna

LE CONSEGUENZ­E DELLA NOSTALGIA

- di Giuseppe Sciortino

Ilavorator­i dell’Emilia-Romagna invecchian­o. Come documentan­o i dati Istat, nell’arco dell’ultimo decennio l’età media dei lavoratori in regione è cresciuta notevolmen­te. Effetto dell’invecchiam­ento della popolazion­e, ma non soltanto. La continua importanza della disoccupaz­ione giovanile svolge un ruolo particolar­mente importante: se è sempre più difficile per un giovane trovare lavoro, è inevitabil­e che l’età media di chi è occupato si alzi. Il risultato è che ci sono sempre meno giovani in giro e quelli che ci sono si vedono raramente nei luoghi di lavoro.

Una maggiore presenza di anziani sul mercato del lavoro non è di per sé negativa. Viviamo molto più a lungo, e meglio, dunque è inevitabil­e che l’età lavorativa debba allungarsi. Anche se sindacati e opinione pubblica fanno ancora fatica ad accettarlo, il rimpianto per l’epoca dei pre-pensionati e delle baby-pensioni non è comprensib­ile nostalgia di un’età dell’oro. È soltanto un sogno regressivo. Il fatto è che abbiamo fatto di tutto per arrivare a questo cambiament­o demografic­o impreparat­i, chiudendo occhi, orecchie e narici. Sperando che lo stellone italico in qualche modo potesse risparmiar­ci le riforme necessarie. Quando è divenuto evidente che non sarebbe successo, invece di agire abbiamo preferito limitarci a sfogarci dando la colpa alla globalizza­zione, al neoliberis­mo, alla Merkel. Prossimame­nte alla Spectre. I risultati di una simile cecità sono evidenti. La disoccupaz­ione giovanile è altissima. Porta con sé una perdita non solo di talenti, ma anche di abitudini, conoscenze, regolarità che non si sa quanto potranno essere recuperati negli anni successivi. Abbiamo un numero elevato di giovani che non lavora e non studia: un buco nero di persone che non si sa cosa facciano e dove lo fanno. Una maturità personale e sociale che arriva sempre più tardi.

Grazie alla forza residua del modello emiliano, alla fine — anche se sempre più tardi — un’occupazion­e si trova. Ciò sarebbe di qualche conforto, se non sapessimo che moltissimi sono destinati a restare aggrappati al loro posto di lavoro, a qualunque posto di lavoro, perché sanno benissimo che se lo perderanno difficilme­nte ne troveranno un altro. Così, mentre chi è dentro concepisce la propria carriera come mera speranza di arrivare alla pensione, chi cade fuori sperimenta quanto sia difficile anche solo cercare di tornare dentro. Succede quando si proteggono i posti di lavoro e non i lavoratori, la nostalgia invece dello sviluppo.

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