Bonaccini: «Divorzio assurdo Ma Renzi deve cambiare rotta»
Il governatore Bonaccini: «Hanno dimenticato quello che ha dovuto sopportare Prodi?»
«Spero ancora che la scissione ancora non ci sia, sarebbe comunque dolorosa. Se Bersani se ne andrà rispetto la sua scelta ma non la capisco, tutte le volte che la sinistra si divide è sempre un danno anche per il Paese». Il governatore Stefano Bonaccini interviene sul tema della scissione del Partito Democratico. E aggiunge: «Al congresso sosterrò nuovamente Matteo Renzi ma gli chiederò di correggere due cose: maggiore cura al partito e costruzione di un gruppo dirigente più autorevole». Non ha dubbi sulle ragioni ancora valide che hanno portato a dare vita al Pd: «Io sono di sinistra, ho fatto cose di sinistra e la mia casa è il Pd».
Alla fine è stata scissione, anche se probabilmente non saranno tantissimi a lasciare. Qual è il compito nuovo del Pd in questo quadro politico completamente diverso?.
«Io — spiega il governatore dell’Emilia-Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini — spero proprio non ci sia alcuna scissione, perché sarebbe comunque dolorosa. Non gioirei mai nel caso di abbandono di qualcuno dalla famiglia a cui appartengo».
Però sembra che siamo a quel punto.
«Davvero non riesco a capacitarmi di come sia possibile separarsi prima ancora di avere affrontato nodi programmatici, come avviene normalmente in un congresso. Ho ascoltato con attenzione Guglielmo Epifani: ha posto a nome della minoranza legittime critiche, ma su singoli provvedimenti di natura economica o sociale, fatti dal governo precedente. Non una messa in discussione dei valori fondanti che ci accomunano, del campo europeo in cui militiamo, né di una alternativa di governo che perfino si dice di voler sostenere fino a fine legislatura, salvo poi che quando si dividesse il principale partito che sostiene il governo vorrei capire come si possa parlare di maggiore stabilità. In ogni caso le ragioni che portarono alla nascita del Pd sono ancora attuali, guai immaginassimo il ritorno alle vecchie famiglie di origine. Io mi definisco di sinistra e la mia casa è e sarà il Partito democratico. Convinto che gli avversari si chiamino Salvini e Grillo e non sono tra noi». Chi sosterrà al congresso? «Io sosterrò di nuovo Matteo Renzi e gli chiederò di correggere due cose: maggiore cura al partito e costruzione di un gruppo dirigente più autorevole, così come di aprire una nuova fase nel rapporto col Paese. Soprattutto se si tornerà, ma mi auguro di no, verso un sistema elettorale proporzionale, ponendo il Pd
Non riesco a capire come sia possibile separarsi prima ancora di avere affrontato nodi programmatici, come avviene in un congresso
Le ragioni che portarono alla nascita del Pd sono ancora attuali, guai immaginassimo il ritorno alle famiglie di origine
Su Bersani Se dovesse andarsene davvero non lo capirei, è stato uno dei fondatori e anche leader del Pd
come perno centrale di un largo campo democratico che parli sia alle forze moderate che a quelle civiche o di sinistra, che pur non stando nel Pd, come ad esempio Giuliano Pisapia, non vogliamo consegnarsi a una destra regressiva o al populismo a Cinque stelle».
La sensazione è che qui i fuoriusciti possano avere consenso ma in settori che già avevano lasciato il Pd, mentre il gruppo dirigente sembra piuttosto compatto. Ci saranno conseguenze nel governo della Regione?
«In questi due anni, caso unico in Italia, non abbiamo avuto una sola giornata di crisi, nonostante io guidi un’alleanza originale rispetto agli ultimi governi Renzi e Gentiloni. E lo abbiamo fatto perché rispettiamo il programma di governo presentato ai cittadini e perché i risultati si vedono, essendo la regione che più cresce nel Paese e più sta riducendo la disoccupazione, condividendo le priorità con tutte le parti sociali. Sfido chiunque a dirmi che non siano di sinistra provvedimenti come il reddito di solidarietà per i poveri, oppure la filosofia che sta alla base del Patto per il lavoro. E per quanto riguarda i gruppi dirigenti e i sindaci sono convinto rimarranno tutti, o quasi tutti, nel caso di scissione, perché sanno bene che, come ha ricordato lucidamente Veltroni domenica, quando la sinistra si divide fa un danno a se stessa e al Paese. Qualcuno ha forse dimenticato cosa dovette passare Romano Prodi per ben due volte, ad esempio, ai tempi dei governi de l’Ulivo e poi de l’Unione?»
Lei è stato molto vicino a Pier Luigi Bersani e lui è stato anche il suo segretario. L’ha sentito in queste settimane? Cosa pensa della sua scelta politica anche a livello umano?
«Spero davvero non accada. Dovesse andarsene non ho dubbi che sarebbe una scelta sofferta e pur rispettandola, proprio non la capirei: è stato uno dei fondatori, poi il leader del Pd, un importante e capace uomo di governo che ha vissuto in prima persona il dramma di governi sostenuti da maggioranze troppo frammentate. Ma soprattutto mi chiedo cosa debba succedere, dopo Trump, la Brexit, il ritorno dei muri col filo spinato, Salvini che chiede pulizia quartiere per quartiere, la crescita dei neofascismi alla Le Pen, per non trovare di meglio che separarci noi, invece che allargare il campo di chi voglia e possa battere i populismi, aprendo anche una nuova fase per il Pd e il centrosinistra nel Paese».