Nell’Emilia che fu rossa il partito non si sbriciola Poche e isolate le defezioni
Nelle ore convulse del divorzio in casa dem, il Pd emiliano ha fatto partire la conta. Uno per uno, sono stati sondati deputati e consiglieri comunali. Il risultato è stato confortante per Matteo Renzi, che in Emilia sa di potere contare su uno zoccolo duro trasversale alle correnti e che è refrattario alla scissione. Con alcune eccezioni, più o meno pesanti. Oltre ai piacentini Pier Luigi Bersani e Maurizio Migliavacca, a uscire dal Pd saranno pure l’ex viceministro Maria Cecilia Guerra, docente universitaria modenese e il deputato cesenate Enzo Lattuca, molto vicino a Bersani. Ha un piede fuori anche la consigliera regionale Silvia Prodi, nipote dell’ex premier, tra le prime a seguire il governatore della Toscana Enrico Rossi.
Si tratta comunque di eccezioni alla regola di un’ EmiliaRomagna ancora una volta fedele alla linea del segretario (benché dimissionario). Il segretario regionale Paolo Calvano, non ha dubbi sulla tenuta del Pd in Emilia-Romagna e lancia l’ennesimo appello agli scissionisti: «Vorrei ancora pensare che una parte dei nostri compagni tiene vivo l’impegno preso dieci anni fa al Lingotto». Il deputato Andrea De Maria, cuperliano di ferro, lancia un invito alla coesione forse ormai fuori tempo: «Si faccia di tutto, da parte di tutti, per scongiurare una scissione che sarebbe un danno per il Paese». «Spero che ci ripensino», dice la senatrice Francesca Puglisi, vicina a Dario Franceschini, rivolgendosi alla minoranza. Mentre Matteo Richetti attacca Bersani. «Per me è un padre fondatore del riformismo di Sinistra in Italia. Perché alza i tacchi e se ne va, anziché sfidare Renzi al congresso? Per me questo rimane incomprensibile».
Chi ricorre invece alle categorie «di genere» per spiegare lo scontro è la deputata prodiana Sandra Zampa, che parla di «bullismo e machismo politico»: «Mi ricordo le scene che vedevo da bambina quando i miei coetanei maschi smettevano di giocare e facevano scoppiare risse furiose in cui si facevano male tutti». Zampa aggiunge che il Pd si è «costituito come una somma di correnti e ciò concorre a questo risultato fallimentare». Ma è vero, come si dice, che le donne dem sono sparite dal dibattito? «Raramente siamo attratte dalla competizione in prima persona», risponde la parlamentare prodiana.
Compatto è anche il gruppo dem in Consiglio comunale. Dove il capogruppo Claudio Mazzanti, che pure in occasione del referendum non aveva risparmiato critiche a Renzi, assicura che non ci saranno defezioni. La conferma arriva anche dalla «giovane turca» Federica Mazzoni e dallo speranziano Raffaele Persiano. Il consigliere renziano Marco Lombardo taglia corto: «Mi sembra più una scissione di ceto politico che di popolo». Tutto resta fermo anche in Regione. La nascita di Sinistra italiana — il partito anti-Pd erede di Sel che sarà guidato da Nicola Fratoianni — non ha prodotto effetti sulla maggioranza Pd-Sel che sostiene Stefano Bonaccini. L’assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti non ha aderito a Si, ma il deputato vendoliano Giovanni Paglia sostiene che non ci siano motivi per chiederne la rimozione.
Sandra Zampa In questo scontro vedo bullismo e machismo politico, come ai tempi della scuola