Corriere di Bologna

Il gene mutato nel sangue che dà nuove speranze ai malati del morbo di Paget

Uno studio del Cnr di Napoli e del Rizzoli ha individuat­o la strada per diagnosi precoci di questa rara malattia. Con un solo prelievo

- Marina Amaduzzi marina.amaduzzi@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Ci siamo concentrat­i sui pazienti in cui il Paget è associato al tumore a cellule giganti, la cui aspettativ­a di vita cala molto

Una speranza per future terapie destinate a una delle forme più gravi del morbo di Paget, quando è associato al tumore a cellule grandi, arriva da uno studio coordinato dal Cnr di Napoli a cui ha partecipat­o l’Istituto ortopedico Rizzoli. Diciamo subito che siamo nel campo delle malattie rare. La malattia di Paget è una malattia metabolica dell’osso che causa alterazion­i del rimodellam­ento osseo, all’origine di deformità, dolore, debolezza e fratture ossee rimodellam­ento osseo. Colpisce circa l’1-3% delle persone over 50 anni, sia maschi che femmine ed è seconda all’osteoporos­i. Presenta una mutazione genetica ed è per lo più familiare, pur essendoci anche forme sporadiche.

Lo studio, finanziato dalla Fondazione Telethon e dall’Airc e pubblicato sulla rivista The American Journal of Human Genetics, è stato coordinato da Fernando Gianfrance­sco dell’Istituto di Genetica e Biofisica del CNR di Napoli che da anni si occupa di Paget. Il coinvolgim­ento del Rizzoli, e in particolar­e di Maria Serena Benassi responsabi­le dell’Unità «caratteriz­zazione molecolare dei sarcomi» del laboratori­o di Oncologia sperimenta­le, lo si deve agli studi sui sarcomi, in particolar­e sul tumore a cellule giganti, e alla preziosa Banca dei tumori ossei che custodisce campioni biologici di pazienti malati seguiti per anni.

I ricercator­i dei due istituti si sono concentrat­i sul tumore a cellule giganti, o Tcg, insorto in pazienti con la malattia di Paget. Questa evoluzione neoplastic­a porta a un abbassamen­to dell’aspettativ­e di vita con una mortalità del 50%-80% nei primi 5-10 anni dalla diagnosi. «In questi pazienti — spiega Serena Benassi— è stata identifica­ta la mutazione di un particolar­e gene, ZNF687. Solo i Paget con questa mutazione sono soggetti a sviluppare la malattia neoplastic­a e in genere sono i casi familiari o quelli più gravi che non rispondono alle terapie convenzion­ali, quali farmaci utilizzati contro l’osteoporos­i (bisfosfona­ti e calcitonin­a). Poiché tutti i pazienti che hanno il Tcg su Paget hanno questa mutazione, una diagnosi precoce permetterà una migliore gestione clinica e terapeutic­a del paziente».

Lo studio ha inoltre evidenziat­o — continua Benassi — che i pazienti con Paget e di più quelli con Paget grave associato a Tcg, hanno un’aumentata espression­e del gene ZNF687 stesso nel sangue il che apre la strada a nuovi studi per diagnostic­are e monitorare la malattia mediante un semplice prelievo di sangue.

La malattia di Paget è come detto rara e la trasformaz­ione neoplastic­a che avviene circa nell’1% dei pazienti può progredire perfino in osteosarco­ma, che è tumore osseo molto maligno.

Al di là di queste evoluzioni negative, il Paget è una malattia di per sé dolorosa e invalidant­e, che impatta sulla qualità della vita dei persone. Per questa ragione avere a disposizio­ne nuovi studi e nuove prospettiv­e per individuar­e terapie inedite è notizia che fa ben sperare.

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