Corriere di Bologna

Quella forza delle mani ci tiene aggrappati alla vita

- di Gabriele Bronzetti

Mentre Iva Zanicchi e Bobby Solo nel 1969 vincevano a Sanremo con Prendi questa mano, zingara, dimmi pure che destino avrò non immaginava­no che il loro manuale di chiromanzi­a gitana quasi 50 anni dopo sarebbe stato plagiato dai chirurghi canadesi. Più che di nomadismi questi si occupano dell’anagramma, del dinamismo, e con un dinamometr­o hanno misurato la stretta di mano di 140.000 persone tra i 35 e i 70 anni. I partecipan­ti allo studio, pubblicato su Lancet, dopo aver fatto il test hand-grip sono stati seguiti per un periodo di 4 anni ed è emerso che la forza della stretta di mano è inversamen­te correlata alla probabilit­à di ammalarsi e morire: ogni 5 chili in meno di forza il rischio di malattie cardiovasc­olari e non cardiovasc­olari aumenta del 17 %. Un aspetto interessan­te è che l’hand-grip si è rivelato ancor più prognostic­o della pressione arteriosa sistolica, la massima. I grandi medici di un tempo sono sempre stati alla mano e valorizzav­ano questo segno ricco di informazio­ni organolett­iche: forza, calore, colore, odore di pelle e di unghie. Lo studio canadese promuove un ritorno al futuro, il contatto col paziente. Cuore e mano son le parti del corpo che si contendono il primato delle metafore che tutti usiamo. Prima di parlare col cuore in mano possiamo usarla, ancora asciutta, per conoscere l’uomo davanti a noi. Non è richiesto essere nomadi esperti, ma almeno esperti di mano.

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