Quella forza delle mani ci tiene aggrappati alla vita
Mentre Iva Zanicchi e Bobby Solo nel 1969 vincevano a Sanremo con Prendi questa mano, zingara, dimmi pure che destino avrò non immaginavano che il loro manuale di chiromanzia gitana quasi 50 anni dopo sarebbe stato plagiato dai chirurghi canadesi. Più che di nomadismi questi si occupano dell’anagramma, del dinamismo, e con un dinamometro hanno misurato la stretta di mano di 140.000 persone tra i 35 e i 70 anni. I partecipanti allo studio, pubblicato su Lancet, dopo aver fatto il test hand-grip sono stati seguiti per un periodo di 4 anni ed è emerso che la forza della stretta di mano è inversamente correlata alla probabilità di ammalarsi e morire: ogni 5 chili in meno di forza il rischio di malattie cardiovascolari e non cardiovascolari aumenta del 17 %. Un aspetto interessante è che l’hand-grip si è rivelato ancor più prognostico della pressione arteriosa sistolica, la massima. I grandi medici di un tempo sono sempre stati alla mano e valorizzavano questo segno ricco di informazioni organolettiche: forza, calore, colore, odore di pelle e di unghie. Lo studio canadese promuove un ritorno al futuro, il contatto col paziente. Cuore e mano son le parti del corpo che si contendono il primato delle metafore che tutti usiamo. Prima di parlare col cuore in mano possiamo usarla, ancora asciutta, per conoscere l’uomo davanti a noi. Non è richiesto essere nomadi esperti, ma almeno esperti di mano.