ANDARE OLTRE LA RIMPATRIATA
Èrisultato gradualmente (e, per loro, dolorosamente) evidente che molti esponenti della vecchia ditta citata da Bersani non potevano più restare in un partito il cui leader, sempre spalleggiato dal suo giglio magico, li emarginava e li irrideva, delle cui idee non sapeva che farsene. Solo in piccola parte, però, lo scontro Renzi/Bersani (anche se Renzi preferisce avere D’Alema come nemico massimo) è stato sulle idee. In maniera nettamente prevalente, è stato sulle persone, sulla loro più o meno lunga storia, sulle loro, più o meno legittime, ambizioni. Consiglio sempre di diffidare dei politici che non hanno ambizioni. Il potere serve per tradurre le ambizioni in scelte e decisioni con le quali i politici ambiziosi tenteranno di acquisire ancora più consenso soddisfacendo le preferenze degli elettori. Purtroppo, lo scontro in atto nel Pd e nei suoi dintorni è difficile da definire in termini di politiche: lavoro, scuola, diseguaglianze, migranti, Europa. Non è uno scontro fra culture politiche del passato (comunisti e cattolici democratici) di cui si poteva anche dubitare fossero il meglio prodotto dall’Italia, ma che nei dieci anni trascorsi dal varo del Pd non si sono né contaminate né, meno che mai, fuse. Semmai, confuse. Esclusa dai renziani la conferenza programmatica che poteva essere il luogo del dibattito sulle culture politiche mancato nel 2007, l’elezione del segretario sarà solo un modo, neanche il migliore, per contare le truppe. Il reclutamento delle truppe non può andare troppo per il sottile, soprattutto per quanti tentano la costruzione di un «campo» nel quale fare confluire tutte le sparse membra degli oppositori di Renzi (che non cessa di personalizzare la sua politica). Nelle prime riunioni degli scissionisti, fanno capolino molti che sono stati emarginati dai renziani, ma anche che erano usciti dalla politica poiché sconfitti, ritenuti inadeguati, qualche volta per esauriti limiti delle loro capacità. Questa specie di rimpatriata con forti componenti generazionali è in un’incerta misura inevitabile quasi quanto il conformismo che, non nuovo nella storia del Pci e dei suoi successori, tiene insieme quanti rimangono nel Pd, pur avendo grandi differenze d’opinione. Chi se ne va ha il compito oneroso di presentare con chiarezza le alternative che propone. Sarebbe molto più credibile se quelle alternative non provenissero soltanto, per limitarmi all’Emilia-Romagna, da Bersani e da Errani. Se poi nelle affollate assemblee s’affacciano politici e sindacalisti di persin troppo lungo corso e latitano i giovani, allora è evidente che un problema c’è.