Cgil, come cambiano gli iscritti Meno industrie, più servizi
Oltre 800 mila tessere in regione. Preoccupano le ore di cassa integrazione
Il mercato del lavoro si sposta sempre più verso il terzo settore, e i risultati si vedono anche tra chi l’anno scorso ha deciso di iscriversi al più antico sindacato italiano. Se fino a tre anni fa era la Fiom, con i suoi operai metallurgici, la categoria più rappresentata all’interno della Cgil regionale, oggi è diventata il gruppo che più paga lo scotto dei tempi che cambiano (-1,6%, pari a circa 1.115 tesserati in meno rispetto al 2015).
Al contrario invece della Filcams che ingloba commercio, turismo e servizi: è questa oggi la realtà che si è conquistata il titolo, proprio come nel 2015, di categoria più rappresentata con 73.362 lavoratori, di cui il 70% è donna (+2,4%, 1.717 in più). Poi c’è la Fiom con 69.506 persone e la Fp con 47.711 (-2,1%, 1046 in meno); ma assieme a loro crollano anche gli affiliati a Fillea-costruzioni (-3,8%, 956 in meno) e alla Filctem dell’energia, dei tessili e dei chimici ( -1,2%, 361 in meno).
A dirlo sono i dati di bilancio diffusi dalla Confederazione, che alla fine dell’anno scorso ha contato 822.947 iscritti (+0,09%, 771 in più). A crescere però sono solo i lavoratori attivi, che aumentano dello 0,7%, di fatto di 2.558 persone in più su un totale di 362.435 unità. Mentre a calare, anche per effetto dell’allungamento dell’età per fuoriuscire dal mercato, sono i pensionati, che costituiscono il 56% dei tesserati, e scendono a quota 460.512 (-0,4%, 1787 in meno). «Possiamo leggere i nostri numeri interni, che sono positivi, come il risultato concreto di ciò che sta accadendo nel mondo del lavoro — spiega Luigi Giove, il segretario generale della Cgil Er —. Se calano gli iscritti nel settore manifatturiero è perché la nostra industria è in crisi, soprattutto il settore edilizio che continua a perdere occupati, mentre crescono o rimangono stabili tutti i tesserati legati ai servizi pubblici e privati. Ma con loro aumenta anche quella che è l’ultima frontiera del precariato: tutti coloro che fanno parte del Nidil e sono raddoppiati rispetto al 2010». Una categoria, forse la più sensibile, che racchiude tutti gli occupati atipici, tra voucheristi, gente a partita Iva, somministrati e collaborazioni occasionali e continuative: in questo caso si contano 4298 persone in più, il 26,8% in più rispetto al 2015, su 20.347 iscritti, dei quali il 53 % è donna.
Tra di loro ci sono anche diversi giovani: circa il 35% degli atipici sono under 35, che dentro la Cgil costituiscono il 18% dei lavoratori attivi. Nel Nidil ci sono anche diversi stranieri, circa il 34,2%, che oltre a qui sono presenti soprattutto nei trasporti di Filt e nell’agro-industria di Flai, che nel 2016 ha perso circa lo 0,2% dei suoi tesserati. «Siamo preoccupati per la nostra industria: il pil dell’Emilia-Romagna è aumentato solo grazie all’export e a chi ha saputo investire all’estero — continua Giove —, mentre l’anno scorso abbiamo registrato oltre 36 mila ore di cassa integrazione straordinaria (Cgis), con numeri da record in città come Bologna che non avevamo mai visto neanche nei peggiori anni della crisi».
Per la Cigs è il capoluogo a registrare il numero più alto con 9.715 ore, contro le 6.311 del 2015 e le 9.201 del 2010, e subito dopo c’è Modena con 9.245, Ravenna con 2.399 e Reggio Emilia con 6.228.