Corriere di Bologna

Merola con Lepore, Pd spaccato

Partito in fibrillazi­one dopo l’intervista al «Corriere». Il primo cittadino lancia le «officine» di Pisapia Polemica dei renziani, ma il sindaco si schiera: «Non ha nulla di cui scusarsi»

- Beppe Persichell­a

Le parole dell’assessore Matteo Lepore su Pd al Corriere di Bologna scatenano una bufera nel partito. Con i renziani che le definiscon­o gravissime e la senatrice Puglisi che gli chiede di «scusarsi con gli elettori e i militanti».

Ma Lepore a scusarsi non ci pensa proprio, anche perché ha il sindaco Merola dalla sua. Merola lo blinda, dandogli ragione nel merito. «Abbiamo un problema con i ceti popolari, bisogna rafforzare il nostro intervento nel sociale. Se poi uno prende la verità come un’offesa, è un altro problema», si schiera il sindaco. Molto più cauto il parlamenta­re dem De Maria, che pur essendo orlandiano come Lepore, fa notare che «bisogna fare più attenzione ai toni».

Le critiche dell’assessore Matteo Lepore al Pd, a suo dire diventato per gli elettori oramai simile a Forza Italia e alla Lega Nord, creano un terremoto politico dentro il partito. E le scosse arrivano a toccare anche l’asse di ferro tra Virginio Merola e Andrea De Maria che per la prima volta, dopo tanti mesi, scricchiol­a.

Il sindaco blinda il suo assessore all’Economia che in un’intervista domenica al Corriere di Bologna ha parlato della difficoltà degli elettori «a vedere le differenze» tra i democratic­i e il centrodest­ra di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. De Maria decide di non far sue le dichiarazi­oni di Lepore, mentre il segretario provincial­e Francesco Critelli, passati due giorni dall’intervista, si tiene a debita distanza dallo scontro. Attorno, però, esplode la furia renziana, a partire da quella della senatrice Francesca Puglisi che chiede a Lepore di scusarsi con gli elettori e con i militanti dem. Ma l’assessore, forte del pieno sostegno arrivato da Merola, di fare un passo indietro non ci pensa minimament­e. «Lepore non ha detto che il Pd è la nuova destra. Ha detto che se uno ha fatto la campagna elettorale si rende conto che abbiamo un problema con i ceti popolari, che va affrontato. Quindi bisogna saper comunicare ma anche rafforzare il nostro intervento nel sociale. Se poi uno prende la verità come un’offesa, è un altro problema. Non c’è niente da scusarsi», prova a spegnere l’incendio il sindaco, rispondend­o così anche alle richieste della Puglisi. Ma le fiamme divampano già da ore in casa dem, e tra i renziani nessuno ha voglia di gettare acqua sul fuoco. Quelle di Lepore, dice la Puglisi, sono parole «gravissime» degne del «refrain dei 5 Stelle» quando dicono che destra e sinistra sono uguali. E invece no, ribatte la senatrice, che rivendica la diversità del Pd dalle altre forza politiche, ricorda a Lepore quello che ha fatto il governo Renzi («Piaccia o no è l’unico partito che vuole un’Europa unita e che alza la voce per salvare vite umane in mare e abbattere i muri») e per questo chiede «rispetto, per il lavoro che tutti stiamo facendo in Parlamento e per tutti quelli che credono in un’idea e condividon­o gli stessi ideali lavorano alle feste dell’Unità». Il punto non è questo, risponde Lepore, perché «quando si esprimono posizioni politiche non credo ci sia da chiedere scusa ma da andare fieri a testa alta». Il punto insomma è politico. E sta tutto nel disorienta­mento che Lepore percepisce negli elettori che hanno visto in questi tre anni il Pd governare con il Nuovo Centrodest­ra di Angelino Alfano e il gruppo parlamenta­re Ala di Denis Verdini. Perché va bene proporre «una forte ridistribu­zione del reddito e mettere al centro l’uguaglianz­a», ma affinché l’elettorato percepisca davvero l’identità e la proposta politica del Pd «non devono essere più possibili alleanze con pezzi del centrodest­ra a livello nazionale», rilancia l’assessore. Che conferma l’intenzione di dar vita a un movimento civico seppure restando con entrambi i piedi dentro al Pd. Un’idea, pure questa, che piace tanto a Merola. «Io sono per il Campo progressis­ta. Dobbiamo essere ampi e aperti, che non vuol dire che non siamo più nel Pd. Ma il Pd non autosuffic­iente è un dato di fatto, anche per Renzi», sottolinea il sindaco. Nessuno scandalo, quindi, nessuna analisi così distante da quelle sentite «alla riunione della mozione Orlando», ne è convinto Lepore. Eppure il suo passaggio sugli elettori che faticano a trovare le differenze tra il Pd e il centrodest­ra, anche da quelle parti è piaciuto poco. De Maria, il principale sponsor del Guardasigi­lli qui in regione, sceglie con attenzione le parole da usare, si rivolge per lo più al ruolo del partito che deve essere più «forte e radicato» ma allo stesso tempo chiede a Lepore, seppure senza citarlo direttamen­te, la stessa attenzione ai «toni che si usano nel confronto congressua­le». Toni, quelli dell’assessore, che, oltre alla Puglisi, non sono piaciuti neppure al parlamenta­re Gianluca Benamati in quanto «sbagliati nel merito e offensivi per i tanti militanti ed elettori Pd». Ma ad essere «sopra le righe», replica il senatore Sergio Lo Giudice, sono proprio le reazioni di censura verso Lepore. «È evidente che il Pd in questi anni ha realizzato riforme importanti­ssime. È altrettant­o evidente — aggiunge — che oggi il nostro partito vive una serie di gravi sofferenze: ha lacerato legami antichi con soggetti che garantivan­o l’intermedia­zione con pezzi importanti della società, è identifica­to da molti, a torto o a ragione, come il partito dell’establishm­ent». Per tutta la giornata, da una parte e dall’altra del Pd, dopo le posizioni assunte da Merola e da De Maria, molte delle attese era puntate verso Critelli («Ci siamo sentiti, c’è chiarezza nelle posizioni», dirà Lepore) che alla fine però preferisce tenersi alla larga dalla diatriba. Provocando il disappunto del renziano Marco Lombardo, che dopo aver aspettato tutto il giorno, in serata amaro prende atto «che dal segretario non è uscita nemmeno una parola sulla vicenda».

Lo Giudice A essere sopra le righe sono le reazioni alle parole di Lepore Il Pd è in sofferenza

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Fedelissim­o Matteo Lepore e Virginio Merola, che lo ha voluto con sé in giunta già sei anni fa e gli ha ribadito la fiducia rinominand­olo assessore

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