«Colpevoli dei morti da amianto» Condannati gli ex vertici Casaralta
Pene fino a tre anni per omicidio colposo agli eredi di Regazzoni ed ex amministratori della fabbrica dei treni Riconosciuti 150.000 euro ai familiari degli operai morti per tumori collegati all’inalazione delle fibre
Ci sono responsabili precisi per la strage silenziosa alla Casaralta, le decine di operai morti per tumori collegati all’esposizione all’amianto. Il Tribunale ha condannato per omicidio colposo a pene da 2 a 3 anni, tre tra ex proprietari e amministratori della fabbrica dove si costruivano le carrozze dei treni. Al centro del processo c’erano le morti di 25 lavoratori, per molte delle quali è stata riconosciuta la responsabilità degli imputati. Il giudice ha anche stabilito un risarcimento di 150.000 euro per i parenti di ciascuno di loro, mentre restano sotto chiave i 12 milioni di euro sequestrati a uno degli imputati. Tutti i condannati faranno appello. La soddisfazione delle parti civili.
Ci sono i nomi dei responsabili della strage silenziosa alla Casaralta, la morte di decine di operai stroncati a distanza di anni da mesoteliomi, asbestosi e tumori polmonari collegati all’esposizione all’amianto. Sono gli ultimi Regazzoni che guidarono l’azienda che fabbricava e riparava le carrozze dei treni, gli unici ancora in vita tra i membri del cda fra il 1972 e il 1986.
Nella fabbrica dei veleni la mala polvere veniva spruzzata e spazzata via con le scope senza che fosse adottata alcuna protezione per gli operai che per decenni hanno respirato a pieni polmoni quelle micidiali fibre. Proprietari e amministratori dell’epoca conoscevano i rischi cui andavano incontro i lavoratori, tanto da prevedere un premio amianto, 500.000 lire per il rischio asbestosi riconosciuto a 500 lavoratori fino al 1988, ma misero il profitto davanti a tutto. A dirlo non sono più solo il pm Roberto Ceroni, che nella requisitoria ha descritto una esposizione seconda solo all’estrazione dell’amianto nelle miniere, gli avvocati di parte civile, l’Albea — l’Associazione lavoratori bolognesi esposti all’amianto —o i figli e le mogli dei tanti che in questi anni sono morti, annegati dall’acqua nei polmoni. Ora a stabilirlo è la sentenza con la quale la giudice Manuela Melloni ha condannato per omicidio colposo (senza sospensione) a tre anni Anna Maria Regazzoni, 88 anni, nel cda dal ‘55 al ‘79 e poi dall’84 al ‘93, e a due anni Carlo Regazzoni, 61 anni, consigliere dal ‘77 all’86, e Carlo Filippo Zucchini, 63 anni, in carica dal ‘79 all’86. I due Regazzoni condannati sono sorella e nipote di Giorgio, fondatore e ad dal ‘60 al ‘75, morto prima del processo che lo vedeva imputato. In un altro filone per l’ex dg di Casaralta, Carlo Farina, arrivò una condanna a un anno in primo grado e poi un proscioglimento in appello per l’incapacità di stare in giudizio per motivi di salute.
Una sentenza a suo modo storica per quella che Giacomo Simoni, in Casaralta per 30 anni, delegato Fiom e presidente dell’Albea morto due anni fa, definì la «nostra Eternit». Un epilogo niente affatto scontato per un processo partito subito in salita. Il pm Massimiliano Rossi aveva infatti rinunciato a processare i Regazzoni ma dopo l’opposizione delle parti civili, avvocati Alessandro Gamberini e Simone Sabattini, il gip Mirko Margiocco aveva ordinato l’imputazione coatta. Il caso è poi passato al pm Ceroni che sta indagando su altre morti d’amianto alle ex Ogr.
Il lungo elenco delle vittime comprendeva 81 operai deceduti o ammalatisi per aver inalato le fibre cancerogene. Ma la prescrizione e l’alternanza degli imputati nei ruoli di vertice ha costretto l’accusa a una rigorosa selezione. Le condanne sono arrivate per una ventina di decessi, per altri è stata decisa l’assoluzione o è stata dichiarata la prescrizione. Il Tribunale ha disposto un risarcimento di 150.000 euro ai familiari di ogni vittima, alcuni assisiti dall’avvocato Cristina Gandolfo. Restano poi sotto chiave i 12 milioni sequestrati nel 2014 a Carlo Regazzoni.
Gli imputati faranno appello: «Siamo sorpresi perché avevamo fornito prove sia in fatto che in diritto della non colpevolezza», commenta il loro legale, avvocato Nicola Mazzacuva, che ha prodotto giurisprudenza che esclude responsabilità dei consiglieri senza delega. Di tutt’altro tenore le reazioni delle parti civili: «Avevamo ragione noi e il gip quando dicevamo che questo processo si doveva fare e che la richiesta di archiviazione della Procura era infondata - dice l’avvocato Sabattini —. Un risultato che si deve anche al lavoro del pm Ceroni che, in discontinuità con l’ ufficio, ha portato avanti l’accusa con l’impegno necessario».