«Sono i nostri laureati a rendere grande la Ducati»
«Con i nostri giovani ingegneri sfidiamo le moto giapponesi L’Emilia deve recuperare i primati nella manifattura e nella tecnologia»
«Tutto parte qui, a cinque chilometri da piazza Maggiore, e per questo sono molto orgoglioso di quello che facciamo. Tanti tecnici e ingegneri che partecipano allo sviluppo della moto che vediamo correre contro i giapponesi sono usciti dall’Alma Mater, sono loro a dimostrare che le nostre competenze possono primeggiare nel mondo». Claudio Domenicali, ad di Ducati, a poche settimane dall’inizio del campionato di MotoGp — il debutto il 26 marzo in Qatar — racconta la sfida mondiale che parte da Borgo Panigale. Dopo le due vittorie dell’anno passato quest’anno la Rossa di Lorenzo e Dovizioso punta al titolo. Anche grazie a tecnici e ingegneri che dall’Alma Mater sono arrivati al reparto corse.
Chi sono i ragazzi che vediamo nei box in ogni circuito del mondo?
«Prima di tutto appassionati. Per entrare in questo mondo servono conoscenze tecniche e soprattutto l’amore per le gare e la competizione. In azienda arrivano giovani neolaureati che magari iniziano con la progettazione e poi diventano esperti di acquisizione dati, aerodinamica o si specializzano nella relazione con il pilota». Com’è la moto del 2017? «È un’evoluzione molto profonda di quella dell’anno scorso anche perché ci sono state alcune modifiche regolamentari. Abbiamo cercato di dare risposte ai problemi emersi nella scorsa stagione. Negli ultimi quattro anni abbiamo sempre migliorato ma erano necessarie ancora una serie di piccole messe a punto per essere competivi in tutti i circuiti. Il direttore generale, l’ingegner Dall’Igna, e tutto il reparto corse hanno lavorato a 360 gradi. Avremo un motore ancora più prestazionale ma è stato fatto molto sulla guidabilità». Com’è lavorare con Lorenzo? «Ero con lui al salone di Ginevra, perché lui è un grande appassionato. Non possiamo dire di conoscerci a fondo perché abbiamo fatto appena tre test insieme, ma è un ragazzo davvero professionale e determinato. L’ingegner Dall’Igna lo conosce bene dai tempi in cui correvano insieme con un altro costruttore. È passato molto tempo quindi la persona che ha di fronte in questo momento è più matura ed esigente. Come tutti i campioni del mondo è un killer che non fa prigionieri». Come è stato l’impatto con Ducati? «La prima volta che è entrato in azienda l’ha fatto con un certo distacco che deriva dalla sua grande timidezza. È un carattere molto schivo però dopo mezz’ora, quando ha percepito il supporto di tutta l’azienda, si è sciolto. Lì abbiamo visto una persona super disponibile e gentile. Quando è rilassato è una persona completamente diversa rispetto a quando gli viene chiesto di usare tutto il suo talento. Lì è anche difficile da accontentare in pieno». Gli farete fare un giro per Bologna? «Speriamo di mostrargli la città. Potremmo anche fargli incontrare il sindaco».
Che relazione esiste tra i risultati in pista nel MotoGp e quelli economici di Ducati?
«È difficilissimo trovare una correlazione diretta. Diciamo che la presenza sui media mondiali di Ducati, grazie ai risultati nelle competizioni, produce una conoscenza globale del marchio. I risultati delle gare arrivano dappertutto. In India e Indonesia, per esempio, abbiamo un numero straordinario di tifosi. Appena queste persone diventeranno dei potenziali compratori noi saremo dentro quel radar come un oggetto aspirazionale».
Di tifosi della Ducati ce ne sono tanti anche qui. E tutta la città anche se non è appassionata di moto fa il tifo per voi.
«È un sentimento che ha a che fare con la voglia di riprenderci alcuni primati nella manifattura e nella tecnologia che in passato erano più forti. Ora magari le classifiche di competitività non ci vedono ai primi posti. Le vittorie della Ducati sono la dimostrazione concreta che quella immagine del Paese non è corretta».
L’arrivo di Audi in Ducati non sembra, almeno dall’esterno, avere prodotti grandi scossoni. La dimostrazione che almeno tra le imprese emiliane il rapporto con la Germania è tutt’altro che conflittuale.
«Il nostro è un territorio molto simile alla Baviera, che non è il Nord della Germania. Nel gruppo Volkswagen, per esempio, Stoccarda Wolfsburg o Ingolstadt sono cose molto diverse. Ma se ragioniamo solo sulla Baviera mi viene da dire che i cittadini di Monaco sono molti simili agli emiliani. Hanno un forte rispetto per gli altri e un’educazione civica superiore alla media. L’attaccamento al lavoro e il rapporto tra etica del lavoro e rispetto della persona sono abbastanza tipiche. Anche qui da noi il rapporto con sindacati è sempre stato molto meno conflittuale. Il presidente Vacchi da questo punto di vista è un grande esempio. Nelle aziende tedesche il sindacato è coinvolte nelle questioni strategiche più importanti. In entrambe le realtà vige una forte componente tecnologica. Pensiamo all’automotive o al packaging. Parliamo di primati mondiali di aziende che hanno investito in tecnologia e in un clima positivo. In questo senso le similarità sono moltissime».
Cambiamo argomento. Lei ha partecipato all’iniziativa di Unindustria a favore dell’istruzione tecnica. Ha raccontato che quando scelse le Aldini sua mamma non le parlò per un mese. Ha cambiato idea?
«Ha ovviamente rivisto la sua opinione. Ora stiamo cercando di convincere i mei figli».
Ultima domanda. C’è ancora il tema di ingrandire l’attuale fabbrica o spostarsi?
«Al momento stiamo sfruttando al massimo l’area riconvertendo alcuni spazi. Siamo intorno alle 55.400 moto e gli spazi sono adeguati per i prossimi tre anni. Chiaro che se continueremo a crescere dovremo pensare a una soluzione diversa».
Il paragone tedesco Il nostro è un territorio molto simile alla Baviera Nell’automotive o nel packaging abbiamo primati mondiali che dobbiamo aumentare
Il fattore Lorenzo Un ragazzo molto timido Come tutti i campioni del mondo è un killer che non fa prigionieri In fabbrica con noi è stato super disponibile