Corriere di Bologna

«Il silenzio stampa? Ma non scherziamo»

Cabrini: «Parlare solo in tv significa prendersel­a con la stampa. Bisogna essere furbi»

- Claudio Beneforti

Antonio Cabrini, lei è uno di quelli che può dire che farsi nemica la stampa almeno nel calcio paga…

«Perché quel mondiale lo abbiamo vinto?». Appunto… «No, non paga mai, anche se poi ti può andare bene. Non paga, non è giusto e non è bello, ma almeno quel nostro silenzio stampa fu legittimo».

Anche il Bologna deve considerar­lo legittimo, se ha deciso di farlo.

«Perché è stato scritto che alcuni giocatori hanno fatto tardi in discoteca? Non scherziamo. Il nostro silenzio aveva tutto un altro significat­o». Quale? «Là c’erano state situazioni molto pesanti e infamanti che avevano colpito la tranquilli­tà dell’intero gruppo e c’era il rischio che uno finisse per mettere le mani addosso a un’altro».

Per il Bologna il rischio era diverso, e cioè che uno mettesse le mani addosso a un’altra.

«Sì, dai, quella del Bologna mi sembra tutta un’altra storia. E poi sbaglio o Donadoni ha parlato a Sky?». No, non sbaglia. «Allora che silenzio stampa è? Quando uno fa silenzio stampa non deve parlare con nessuno. Questa mi sembra

Quando giocavo alla Juve, se Boniperti beccava uno fuori gli spiegava come comportars­i perché se una società vuole essere grande ha regole non scritte da rispettare Quando non è aria, meglio divertirsi a casa propria

più una presa di posizione nei confronti della stampa bolognese».

Torniamo all’82: ammetterà che quel silenzio in qualche modo cambiò la storia del vostro mondiale?

«Diciamo che ci aiutò a ritrovare la tranquilli­tà. Perché un conto è quando scrivono male di te e un altro è quando tirano fuori cattiverie senza senso e senza alcun motivo». Chi lo promosse? «Tutto il gruppo». Ci sarà stato anche un capo popolo? «Lo stesso Bearzot». Cabrini, ci dica, cosa vi avrebbe detto Boniperti nel caso in cui qualche juventino fosse stato beccato in discoteca a tarda notte?

«Ci avrebbe chiamato nel suo ufficio per informarci che lui sapeva già tutto, quando e anche con chi uscivamo, e che non ci sarebbe passato sopra una seconda volta. Poi…». Poi? «Avrebbe detto di mettere la testa a posto e sposarsi».

I tempi sono cambiati, ora è tutto un altro mondo.

«Era un altro mondo, sì, e c’erano regole scritte e soprattutt­o non scritte che dovevi rispettare per forza se volevi giocare nella Juventus».

Anche ora quando alla Juve sbagli, paghi. Bonucci è l’ultimo esempio.

«La società deve avere sempre un peso, altrimenti che società è?».

Cosa pensa di Donadoni che ha scelto la linea morbida, di assoluzion­e totale?

«Probabilme­nte lo ha fatto aspettando­si da subito una risposta dall’intera squadra, poi in fondo i suoi giocatori chi li conosce meglio di lui? Direi che visto il risultato di Reggio Emilia contro il Sassuolo ha preso la strada migliore. Comunque conta fino a un certo punto il messaggio che viene inviato all’esterno, sono sicuro che dentro lo spogliatoi­o Roberto non sia stato altrettant­o comprensiv­o. I giocatori sono anche ragazzi che devono divertirsi ma ci sono momenti e momenti. Come in tutte le cose ci vogliono equilibrio, buonsenso e furbizia». Perché furbizia? «Perché quando non è consigliab­ile farsi vedere fuori, resti a divertirti a casa tua con una bella ragazza e a mezzanotte la saluti».

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