La gioia dei parenti e dell’associazione «Morti per il pane, giustizia è fatta»
Un sospiro trattenuto, solo gli occhi inumiditi che tradiscono la gioia per un traguardo che non credevano possibile. Sono rimasti composti, lo sguardo fisso sul giudice, anche quando, dopo tanti «assolve», hanno sentito per la prima volta la parola «condanna». Si sono sciolti solo quando nell’aula echeggiavano quelli dei colleghi stroncati in questi anni dai tumori, dei loro figli e mogli che saranno risarciti per il male patito. «Un poco di giustizia è stata fatta, abbiamo penato tanto. Il lavoro di pm e avvocati è stato eccezionale», dice Nello Nobili che ha perso il padre nel 2008. Il mesotelioma s’è presentato trent’anni dopo l’esposizione e se l’è portato via in appena due. Non ha mancato un’udienza: «Mio padre ha lavorato lì dal ‘65 al ‘69. Disfacevano i treni e respiravano quella robaccia, senza protezioni. La sentenza dice che invece che chi comandava sapeva». Accanto a lui annuisce Stefano Scaramazza dell’Albea, l’associazione nata nel ‘90 a cui è stata riconosciuta una provvisionale di 50mila euro: «Non chiedevamo condanne esemplari ma giustizia per i nostri colleghi che sono morti per guadagnarsi il pane. I loro familiari ci hanno chiesto di tenere duro, questa sentenza ci riempie di soddisfazione. Non era facile in un paese poco benevolo nei confronti di chi muore sul lavoro». L’Albea è stata costituita quando sono arrivati i primi morti, ma la percezione dell’enormità del fenomeno è risultata chiara solo dopo: «Ci chiamavano per dirci che i nonni o i padri erano morti, abbiamo cominciato a ricostruire, contare i decessi e andare ai funerali. L’amianto veniva segato e spruzzato in tutta l’officina. Le maestranze non sapevano nulla dei rischi, i proprietari sì. Erano nel cda, si sono spartiti i guadagni approfittando dell’ignoranza degli operai. Avevano voce in capitolo sulle scelte ma contava solo il profitto». Il pensiero va ai tanti che non ci sono più e hanno lottato per arrivare fin qui, come Giacomo Simoni e Guido Canova, fondatori dell’Albea e sindacalisti Fiom. Li ricorda commosso Alberto Monti, segretario bolognese delle tute blu: «Una vittoria straordinaria che ristabilisce giustizia, lo dobbiamo a loro e ai tanti che hanno lottato per questo riconoscimento».
Gli operai non sapevano dei rischi, loro si ma contava il profitto