Corriere di Bologna

Paolo Musio interpreta Pascal Rambert

- Massimo Marino

Un attore e un cane. Lui parla, racconta la sua arte, non fatta per i mestierant­i, sospesa tra l’azione e l’esitazione; l’altro, «il migliore amico dell’uomo», ascolta. O forse con la sua presenza facilita il flusso di parole che spesso sembrano inclinare al silenzio, per raggiunger­e un nocciolo, essenziale e sfuggente. In L’arte del teatro di Pascal Rambert, in scena nella versione italiana con Paolo Musio da oggi al 31 alle Moline (ore 20.30), sembra di sentire qualcosa dell’amore, della diffidenza, del disgusto nichilista perfino di Thomas Bernhard. E l’autore ce lo conferma: «Bernhard per me è stato un riferiment­o quando avevo 25 anni. Il suo lavoro mi ha reso libero». Questo testo fu concepito nel 2007 per Lou Castel (interprete, tra le altre cose, dei Pugni in tasca di Bellocchio) e qui è tradotto dallo stesso Paolo Musio per Ert, per aggiungere un tassello all’opera di Rambert, ammiratiss­imo da critica e pubblico già per Clôture de l’amour e Répétition. Nella pièce il protagonis­ta parla della sua arte, ma potrebbe anche riflettere su come affrontare la vita. Scrive Musio: «Questo testo è un dono di irriducibi­le umanità, leggerezza e ironia che l’autore fa a chi lo incontra sul terreno accidentat­o della propria esistenza». Sembra una meditazion­e sulla fatica dell’azione e sulla sfida del silenzio. «L’arte del teatro è un lavoro sull’ignoto. Il teatro è l’arte dell’ignoto» ci suggerisce Rambert. «Il cane è parte del dialogo. Con il suo ovvio silenzio dimostra che ogni tentativo di dare una definizion­e di cosa sia il teatro è impossibil­e. È come se esprimessi il desiderio di stare in silenzio. Per sempre. Come scrittore sento sempre di più il desiderio del silenzio, e capisco che questo possa essere tristement­e paradossal­e. Non so spiegare i motivi di questa nuova fenomenolo­gia del mio lavoro, per me è una cosa nuova». E lui, che fa un teatro di idee, qui sembra inclinare decisament­e verso la passione: «Ho una formazione filosofica ma l’ultima parola o l’ultimo gesto del mio lavoro vanno verso l’intuizione; il teatro secondo me al 90% è intuizione. Quando provo, gli attori li guardo e cerco di non parlare troppo con loro. Credo che ogni attore necessiti di un proprio spazio per lavorare». Debutterà presto con Actrice, con 15 interpreti, «un lavoro sull’amore assoluto per il teatro».

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