«Citiamo? Lo facevano Bowie, Dylan e Cohen...»
I Baustelle stasera in concerto all’Europauditorium
Pop in modo «osceno», secondo la loro definizione, l’ultimo album dei Baustelle, «L’amore e la violenza», ha offerto in 12 tracce racconti in forma di fotogrammi frammentati sui nostri smarrimenti, tra primavere arabe e amori atomici, governi che cadono e fugaci eternità. Citazioni senza freni — si va da Amanda Lear del singolo omonimo ad Houellebecq quando cantano «Ci si abitua a tutto, al dolore, alle stagioni, alla storia, al calendario» — e melodie e suoni da discomusic anni ‘70-’80, l’album è forse il più baustelliano dei sette finora editi dalla band toscana formata da Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini. Stasera i Baustelle sono attesi al Teatro Europauditorium (ore 21, 051/372540) in un concerto che si snoda tra presente, passato e un brano inedito. Ci si abitua a tutto tranne «al successo», esordisce Bianconi.
Del resto, volevate comporre un disco «oscenamente pop».
«Confermo. Dopo la prova di Fantasma, decisamente poco pop, avevamo voglia di scrivere canzoni più leggere. Diciamo pure canzonette. Ma senza rinnegare quel disco».
Chiariamoci: cosa intendono i Baustelle per pop?
«A due vincoli non sfuggiamo neanche noi e sono la durata breve delle canzoni e la cantabilità. Per il resto abbiamo un ampio territorio di libertà, anche per divertirci a scardinare l’abituale aspetto del pop. Per noi ad esempio sono importantissimi gli strumenti e gli arrangiamenti». Prima la musica o i testi? «Anche se non ci poniamo limiti compositivi, scriviamo categoricamente prima la musica. Preferisco costringere le parole dentro una metrica che non il contrario».
In Italia la parola pop non gode di buona fortuna, mentre voi lavorate per dare dignità a questo genere.
«Il pop rassicurante, prevedibile, banale non lo sopporto nemmeno io. Ma pop erano anche i Beatles. Noi non siamo mai rassicuranti eppure siamo pop. Il consiglio che do spesso ai giovani è avere tanti modelli, ascoltare tutto e poi approfondire come facevo io quando non era facile trovare in giro la noise giapponese».
Perché non ci si abitua al successo?
«Perché non credo nel successo. Punto a rimanere nella storia. C’è rimasto Mozart ma anche le canzonette».
Vi accusano di citazionismo. Cosa risponde?
«Anche Bowie, Dylan, Cohen hanno citato».
Bianconi In fondo non credo nel successo Punto a rimanere nella storia C’è rimasto Mozart, ma anche le canzonette