Accertamenti sul fucile del serbo, quelli del delitto Tartari furono nascosti in un fosso
be mai mosso dal suo territorio di caccia e ora di latitanza.
Che sia ancora nascosto nei 40 chilometri quadrati tra le oasi di Campotto e Marmorta non lo dicono solo le tracce fiutate dai cani molecolari. C’è la convinzione che non si sia mai allontanato dalle zone che conosce come le sue tasche. Non l’ha fatto, pur avendone la possibilità, nemmeno dopo aver ucciso il barista Davide Fabbri a Budrio. Ferito e in fuga con la sua bicicletta, il killer come noto ha rubato un vecchio Fiorino in un casolare nei campi tra Marmorta e Molinella, senza che il proprietario se ne accorgesse e facesse denuncia. Una macchina ancora pulita con la quale però è sempre rimasto in zona, come tragicamente confermato dal secondo delitto dell’8 aprile, quando ha freddato la guardia ecologica volontaria Valerio Verri e ferito l’agente della provinciale prima di abbandonare il mezzo in via Spina, a Molinella. Gli inquirenti hanno risentito di recente il proprietario del Fiorino, a cui hanno preso le impronte per circoscrivere quelle repertate nel mezzo, per chiedergli se qualche bracciante dell’Est conoscesse il garage in cui era custodito il Fiorino. Si pensa che «Igor» sia andato a colpo sicuro forse su suggerimento di un fiancheggiatore.
Questo però non esclude che il fuggitivo abbia appoggi anche altrove. Per questo, pur privilegiando le ricerche nella zona rossa, gli investigatori hanno allargato il campo a un quadrante più ampio. Sabato il procuratore Giuseppe Amato ha tenuto una riunione in Procura