Dadina, storia di un attore operaio
Nel libro di Pascarella la figura dell’esponente del Teatro delle Albe
Luigi Dadina è molte cose: attore del Teatro delle Albe e presidente della Cooperativa, narratore in proprio, animatore di quella situazione di confine che è il Cisim di Lido Adriano, un po’ teatro, un po’ centro sociale in un sobborgo marino di Ravenna dove vivono moltissime differenti etnie. Qualcuno lo ricorda come l’Arterio (nome-maschera) di Bonifica e dei Refrattari, opere satiriche di Marco Martinelli sulla vecchia Romagna alle prese con le trasformazioni, l’immigrazione, l’industrializzazione selvaggia, la rovina della natura, oppure nella parte del padre di Pantani nell’opera omonima di grande successo, oppure nei recenti Amore e anarchia e Il volo. Di lui si dice spesso che è una «roccia», una sicurezza, una potenza.
Nelle pieghe dell’uomo e dell’attore arriva ora un bel volume scritto da Michele Pascarella. Pubblicato da Titivillus, si intitola, significativamente, Racconti su un attore operaio. Luigi Dadina nel Teatro delle Albe. Così lo rubrica Marco de Marinis, docente al Dams, nella prefazione: «fra racconto di vita, autobiografia artistica, romanzo di formazione, contributo microstorico sulle nuove fenomenologie della creazione artistica». E riflette più avanti sul fatto che studiosi e critici guardano «soprattutto l’“alto” del teatro, e cioè la sua estetica, le sue proposte espressive, i suoi messaggi (quando ve ne sono)» e fanno «una gran fatica a guardarne il “basso”, vale a dire le sue fondamenta, le sue radici, o più semplicemente le gambe e i piedi».
Il libro porta nella vita materiale del teatro. Esplora la nascita di una vocazione nel clima di ribellione degli anni 70, in un ragazzo di famiglia operaia che dall’età di 14 anni ha imparato la necessità di mantenersi da solo. Scorrono feste del proletariato giovanile, modi alternativi di vivere e di fare teatro in gruppo, fino alla fondazione di una propria compagnia e poi alla fusione con Martinelli e Montanari nelle Albe, alla costruzione di Ravenna Teatro. Si succedono momenti di vita, idee artistiche, strade percorse con i compagni, come quella del teatro interetnico e di alcuni grandi spettacoli, e momenti più personali, come l’esplorazione del teatro di narrazione in formule sempre originali, basate non solo sull’esibizione ma anche sull’incontro conviviale con gli spettatori, in un’indagine della storia sempre impegnata politicamente, eticamente. Scorrono anche difficoltà, delusioni, affrontate sempre con pragmatismo e positività, molto romagnole, molto «operaie». In un libro, tra l’altro (e non è piccolo merito), che si legge benissimo.