Quando dopo il divorzio arriva la strada Il 17% dei senzatetto è un papà separato
A Bologna la Caritas ne assiste 152 (su 899 homeless). Provengono soprattutto dal ceto medio
Gli avvocati di strada Mumolo: «Ne vediamo sempre più ridotti in povertà, senza la casa e quindi senza lavoro»
Quando la fine del proprio matrimonio si trasforma in una disfatta, non solo personale, ma anche economica. È il dramma di tanti padri separati che, nei casi peggiori ma sempre meno rari, si ritrovano a vivere per strada, schiacciati dai costi e dalle spese legate al divorzio e al mantenimento di ex consorte e figli. Un dramma documentato dalla Caritas, che fornisce un dato impressionante: a Bologna, su 899 senza fissa dimora seguiti dalla Caritas, sono 83 i divorziati e 69 i separati. Cioè il 17% dei senzatetto in carico all’associazione.
Una percentuale di poco superiore a livello regionale, dove gli uomini finiti per strada dopo la fine del proprio matrimonio sono 894 su 5084 clochard. La fascia più a rischio, e quella che è costretta ad indebitarsi per sopravvivere, è la classe media. Non quindi le persone con uno stipendio già basso o senza un lavoro, ma chi un impiego l’ha sempre avuto e guadagna più di 1200 euro al mese. «Sono i soggetti più a rischio, e quelli che vediamo più spesso, perché paradossalmente chi non ha niente viene aiutato dai servizi sociali, mentre chi prima di allora aveva un lavoro ben pagato, viene lasciato in balia di se stesso — racconta Tiziana Franchi, presidente dell’associazione Padri Separati che in via Andrea Costa ha la sua sede nazionale —. Nella separazione tutte le spese diventano doppie: nella maggior parte dei casi i bambini vengono affidati alla mamma, e il papà deve cercarsi un’altra casa, continuare eventualmente a pagare il mutuo di quella precedente, pagare un affitto e versare l’assegno di mantenimento obbligatorio almeno per il figlio. E alla fine non ci sono più i soldi per mangiare». Come in ogni cosa si inizia per gradi: tanti padri inizialmente sono convinti di farcela, utilizzano i risparmi di una vita, fino a quando ad un certo punto finiscono, e il passo dalla casa alla strada è breve. «Ho conosciuto tanti padri, tutta gente con una vita normale, che per mesi hanno dormito in macchina, senza dire nulla a nessuno, perché la paura di non poter più vedere i propri figli è tanta, e si preferisce mentire sulla propria condizione», continua Franchi che, da mattina a sera, risponde alle chiamate di decine di padri separati.
L’associazione ha attivato un numero nazionale, che si chiama Pronto Papà, che squilla ininterrottamente. A chiamare, molto spesso, non sono gli uomini, ma le donne: madri, nonne, zie, sorelle, preoccupate per i propri cari caduti in miseria. «Forniamo assistenza legale e psicologica, cerchiamo di ridare speranza a queste persone, che arrivano qua ormai già provate. E a volte le chiamate che riceviamo sono terribili: l’ultima con un generale della marina, che voleva togliersi la vita, e sono riuscita a tenerlo al telefono per quaranta minuti prima che arrivassero i carabinieri», racconta Franchi che aggiunge come oggi a Bologna, rispetto ad altre città, non ci siano appartamenti affidati dal Comune solo a queste persone. Fino a un anno fa, al Villaggio del fanciullo, erano disponibili quattro posti letto, attualmente in standby per via di alcuni lavori di ristrutturazione che stanno interessando la struttura.
Un altro specchio di questa situazione è il tribunale, con gli Avvocati di strada onlus — lo studio legale più grande d’Italia con oltre 700 legali volontari che qui è attivo all’intero di Piazza Grande e presta assistenza gratuita ai senza fissa dimora — che seguono molti papà separati homeless. «Vediamo sempre più padri separati che si riducono in povertà, senza una casa dove stare e il lavoro che viene a mancare. È difficile continuare ad andare in ufficio se si dorme in macchina, e in molti l’impiego lo perdono così, vinti dalla stanchezza e dalle spese che incombono — spiega Antonio Mumolo, presidente di Avvocati di strada onlus —. Tant’è che ormai questo è diventato il secondo motivo per cui oggi si finisce per strada. È un fenomeno che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno, ed è più comune di quanto si creda».