Meccanica, abbigliamento e Motor Valley Se la Città metropolitana è troppo stretta
Il dossier del Consiglio dei ministri sulle province: «Bologna deve allargare il territorio per crescere»
La Città metropolitana di Bologna rappresenta la terza area più ricca d’Italia, dietro solo a Milano e Bolzano, ma guardando oltre i propri confini potrebbe ancora crescere, migliorando le proprie specializzazioni e coprendo dei «buchi» nella sua economia. A scriverlo è il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie del Consiglio dei ministri, che ha presentato un dossier sulle città metropolitane analizzandone punti forza e debolezze.
Un documento che analizza diversi aspetti del territorio bolognese, da quelli amministrativi fino ai trasporti, per trovare il livello di integrazione raggiunto a livello provinciale tra la città capoluogo all’hinterland, fino alle aree più periferiche dell’area metropolitana. L’esame sulla produttività parte dai numeri positivi registrati anche negli anni della crisi affermandosi come «una delle realtà più fiorenti del sistema» considerando i 34.251 euro di valore aggiunto pro capite registrato nel 2015 (23.800 la media nazionale), tra i più alti valori di importazioni (6 miliardi e 800 milioni) che sono stati doppiati dall’export con 12 miliardi e 600 milioni di euro e con valori percentuali di crescita maggiori rispetto a quelli regionali e nazionali (in particolare le esportazioni manufatturiere sono cresciute negli ultimi due anni del 5,4% rispetto alla media nazionale del 3,7%): le destinazioni principali rimangono i Paesi dell’Ue e gli Stati Uniti. Nel report viene sottolineato come la vera eccellenza bolognese sia rappresentata da quattro aree, tutte legate al comparto manufatturiero: abbigliamento, apparecchiature elettriche, meccanica e produzione di mezzi di trasporto. Un elenco al quale manca poco per essere aggiornato con altre tre voci: produzione di carta, prodotti chimici e articoli in gomma. Ed è guardandosi intorno che le possibilità per completare queste eccellenze, secondo i tecnici romani sarebbero. Le possibili «connessioni» riguardano per esempio il settore metalmeccanico, «che rappresenta un anello successivo rispetto al metallurgico di Ravenna, trasformando il polo produttivo emiliano in un più ampio sistema di imprese che arriva fino all’Adriatico». Il settore integrato dei mezzi di trasporto (meccanica, gomma e autoveicoli) troverebbe invece una continuità a ovest con Modena e Reggio Emilia, ma anche verso est puntando alla provincia di Ferrara. «In questo modo sembrerebbe crearsi una filiera lunga dell’automotive», sottolinea il dossier. Spostando invece l’attenzione all’abbigliamento «possiamo invece constatare come l’attuale Città metropolitana potrebbe avere spazi di innovazione ben più ampi rispetto a quelli attuali estendendosi all’alta Toscana». In questo caso i collegamenti riguarderebbero la specializzazione di Pistoia e le eccellenze di Prato e Firenze. «A differenza di quanto sta avvenendo per le altre connessioni tra province, sta di fatto emergendo un distretto dell’abbigliamento che coinvolge addirittura due Città metropolitane (Bologna e Firenze)», sottolinea il report. Infine vengono indicate anche nuove strade da percorrere nel settore della chimica: «il percorso di perfezionamento in questo caso si rivela molto più avanzato nelle province confinanti a nord est, in cui si registrano le eccellenze del ravennate e del ferrarese». Guardando più a fondo la composizione del valore aggiunto bolognese, emerge che è composto per l’1,3% dall’agricoltura, per il 21,3% dall’industria, dalle costruzioni per il 3,8%, i servizi commerciali si attestano al 24,6% e infine servizi finanziari, immobiliari e professionali al 30,8%, tutto il resto vale il 18,2%. Come già messo in luce da altre analisi nelle imprese attive sono in crescita ristorazione e servizi alle imprese, mentre c’è da osservare il calo delle imprese di costruzioni e quelle manufatturiere. Uno scenario economico che, ovviamente, si incastra con una mappa metropolitana nella quale si evidenzia una grande forza attrattiva di Bologna nei confronti di tutti i centri della provincia, sopratutto quelli limitrofi alla città, con la quale è in corso ormai da tempo un’integrazione: secondo il dossier in particolar modo Casalecchio può ormai essere aggregata a Bologna considerando le «similarità funzionali» (consumo del suolo, densità abitativa, reddito imponibile medio e altro), ma «servono chiari investimenti strutturali per evitare uno sviluppo futuro incerto e caotico».