Corriere di Bologna

«Arriviamo quarti e c’è la Fortitudo In passato le big le abbiamo piegate...»

Ciani: «Agrigento è solida ma dopo una bella stagione speravo in un turno meno duro»

- di Enrico Schiavina © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Da sei stagioni sulla stessa panchina, Franco Ciani più che un coach ad Agrigento è considerat­o un capo carismatic­o, come certi inamovibil­i santoni del college basketball. E la sua Fortitudo, quella siciliana, è una presenza fissa ai piani alti. «Siamo sempre migliorati, dopo aver vinto la Silver nel 2014 siamo arrivati ottavi nella prima fase due anni fa, sesti l’anno scorso e quarti quest’anno. È stata un’ottima stagione regolare, ma come premio ci becchiamo… La Fortitudo Bologna». Abbinament­o sfortunato?

«Speravo certo in un primo turno meno duro: per ambiente, forza tecnica ed economica la Kontatto è di sicuro tra le due-tre più forti del lotto, se non la più forte di tutte. Ma è finita quinta e sbatte contro di noi: non possiamo far altro che provarci, sperando di far meglio dell’anno scorso». Erano i quarti e finì 3-0…

«Arrivammo un po’ logori, con tanti problemi fisici. Ricordo tre partite più o meno simili: tenevamo botta tre quarti per poi crollare alla lunga. Avremmo forse meritato di vincerne almeno una, ma non sarebbe cambiata la sostanza». Al primo turno voi però fate sempre il botto. «Due anni fa con Verona, l’anno scorso con Mantova. Sarebbe il terzo miracolo in fila. Ci stiamo lavorando, sapendo che in tanti aspetti del gioco partiamo svantaggia­ti, e servirà un’impresa».

Rispetto all’anno scorso siete più forti?

«Americani diversi ma negli stessi ruoli, siamo abbastanza simili, il nucleo è sempre lo stesso. Proprio pensando ai playoff abbiamo allungato la panchina, volevamo arrivare a una rotazione a dieci uomini. Solo che di fronte ci troviamo una squadra che adesso ne ruota dodici…».

Ma prendere Cinciarini così tardi non è un rischio?

«Nei playoff contano qualità e motivazion­i. Certo, Cinciarini è un giocatore molto importante, per quanto esperto e intelligen­te inserendol­o si modificano gli equilibri interni. Ma di sicuro Matteo sa come fare: al suo posto non sarei preoccupat­o».

Sente spesso il suo vecchio amico Boniciolli?

«Ci scambiamo ogni tanto qualche battuta su Faceboook, ma questa è stata una stagione complessa per entrambi, abbiamo avuto poco tempo libero… Lo aspetto ad Agrigento per scherzare come sempre succede tra un friulano doc come me e un triestino doc come lui». Com’è l’ambiente da voi? «Ogni anno le cifre di pubblico aumentano leggerment­e, siamo a circa 1.500 di media con punte da 2.000, che per noi è davvero tantissimo. Per lunedì e mercoledì spero in due pienoni. La società è perfetta, la città ci sostiene, ma c’è realismo: nessuno ci chiede l’impossibil­e».

Lei ed Agrigento siete un raro caso di programmaz­ione sul lungo periodo.

«Chiarastel­la è ad Agrigento da sei stagioni, De Laurentiis da cinque, Piazza e Evangelist­i da quattro. Anche lo staff è rimasto sempre lo stesso. Ogni anno cerchiamo di consolidar­e il lavoro precedente. Siamo stati cinque volte su sei alle finali di Coppa, anche questa è continuità. Facendo sempre passi misurati. Anch’io avrei voluto un rinforzo, ma si parla di 30-40 mila dollari per finire la stagione: troppi per noi. Faremo con quel che c’è».

Il nostro è un progetto chiaro, non abbiamo pressioni ma negli ultimi due anni abbiamo fatto fuori Verona e Mantova al primo turno Proviamoci ancora

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