Alla ricerca della cantabilità
Il concerto Venerdì Michele Mariotti torna sul podio dell’Orchestra del Comunale con un programma a lui caro, che affianca Schubert e Mendelssohn a Webern, in uno scavo continuo
Mese intenso per Michele Mariotti che torna venerdì 28 aprile — ore 20.30 — sul podio dell’orchestra del Teatro Comunale di Bologna per un nuovo appuntamento della stagione sinfonica. Mese intenso dopo il debutto nella Voix humaine di Poulenc che ha segnato il primo appuntamento con la musica lirica per il 2017 nella sala del Bibiena e dopo programmi sinfonici che sono stati segnati da una sequenza di primi incontri con la musica di autori come Sibelius — l’ultimo in ordine di tempo la settimana scorsa con Viktoria Mullova al violino — e Bruckner. Per il prossimo appuntamento il programma prescelto con cui presentarsi nella sala del Bibiena conferma scelte elettive. Basta pensare che ci sono la Sinfonia in si bemolle maggiore di Franz Schubert e la Sinfonia in la minore di Felix Mendelssohn Bartholdy. La Passacaglia di Anton Webern, prescelta per aprire il concerto, fa si che la prima parte della serata divenga un viaggio nel tempo a ritroso dal secolo scorso all’Ottocento, dalla seconda alla prima scuola musicale viennese. E l’opera prima di Webern — una manciata di battute musicali rivolte ad una progressiva dissoluzione del suono — conferma le predilezioni novecentesche del giovane direttore musicale. Che siano predilezioni al riparo da qualsiasi calcolo non basta a dimostrarlo quel programma interamente dedicato a Sibelius, un autore che ha attraversato due secoli, preservando intatta una poetica dove le antiche sculture greche contemplate in un museo di Berlino si rivelano fondamentali quanto — e forse più — delle sinfonie di Beethoven.
E per Schubert la passione di Mariotti non conosce confini di genere e assieme alle grandi sinfonie il direttore ha voluto accostare capolavori trascurati come le pagine sacre.
Con Mariotti la musica del compositore viennese ritrova sempre un’ansiosa e febbrile ricerca di cantabilità e il riscontro nelle sinfonie passa anche alle ouverture o alle messe solenni. E chissà che non arrivi il giorno in cui il direttore accosterà una delle tante partiture che Schubert scrisse per il teatro d’opera o addirittura le trascrizioni orchestrali approntate dai compositori del secolo scorso di quei lieder che sono l’espressione più intensa della poetica schubertiana? Gli esiti raggiunti finora possono essere di buon auspicio per ulteriori aperture di orizzonte. Per ora fa piacere constatare che l’interesse per Schubert si rinnoverà anche per l’ultimo dei cinque concerti che in questa stagione sono riservati alla bacchetta di Mariotti. Sarà a novembre con un’altra sinfonia del compositore austriaco, accostata ad altro tassello novecentesco, al Concerto per orchestra di Bartok. Intanto il prossimo concerto si concluderà con l’ultima sinfonia compiuta da Felix MendelssohnBartholdy.
Si chiama Scozzese perché è stata dedicata al paese che aveva colpito l’immaginazione del musicista, ma a considerarla meglio è una sinfonia dedicata alla Memoria. L’autore lascia che l’opera scaturisca dalla dialettica innescata fra passato e presente, dall’intreccio di proprie reminescenze rifuse con i ricordi musicali raccolti durante un viaggio in Scozia. In effetti, la nebbia scozzese pervade il primo movimento e non si tratta solamente di un curioso dettaglio descrittivo, perché la sinfonia in la minore vive sull’onda creativa offerta da antiche reminiscenze musicali nonché dei ricordi di viaggio e delle annotazioni musicali fatte in Galles ed in Scozia anni addietro. Mendelssohn immaginava a questo modo la sua ultima sinfonia, completata nel 1842: un flusso ininterrotto di musica con i quattro movimenti eseguiti senza soluzione di continuità, come una ballata piena di contrasti e di effetti, come un arco sospeso verso il tempo ritrovato.
Si sa che Anton Bruckner prediligeva in modo particolare la Sinfonia Scozzese e non si stancava di approfondirne lo studio fino al punto di prenderne le misure esatte, trascrivendo lunghi tratti della partitura, come volesse imprimersene meglio a mente i caratteri distintivi. E i tratti dell’ultima sinfonia compiuta da Mendelssohn sono inquieti e sfuggenti. Se n’era accorto anche Wagner che per il Vascello fantasma non esitò a trafugare un passo dal primo tempo. Ascoltare per credere.