DECIBEL 2017 IL RITORNO DEL GRUPPO
L’intervista Enrico Ruggeri e la sua storica band (con Fulvio Muzio e Silvio Capeccia) stasera porteranno sul palco del Celebrazioni di via Saragozza il loro terzo disco «Noblesse oblige». I primi due risalgono al ‘78 e all’80. Il leader: «Di nuovo insiem
Gli occhiali scuri dalla montatura bianca Enrico Ruggeri li lascerà a casa. Semmai quelli li indosseranno i fan. «Insieme alla camicia d’ordinanza». Rito che probabilmente si ripeterà stasera al Teatro delle Celebrazioni (ore 21, info 051/4399123). I Decibel sono tornati. Lui, Ruggeri, insieme agli amici Fulvio Muzio e Silvio Capeccia. Hanno da poco pubblicato il loro terzo album, «Noblesse oblige». Solo che i primi due, per chi si fosse perso qualcosa, s’intitolano «Punk» e «Vivo da re» ed escono tra il 1978 e il 1980. «Vivo da re» contiene, oltre al brano che dà il titolo all’album, Contessa. Il marchio di fabbrica. La storia dei Decibel parte dal ‘77. In una cantina. Loro, che si conoscono dai tempi del liceo (il Berchet di Milano), influenzati dal punk che imperversa altrove, lo portano in Italia. Ne sono i pionieri. E rieccoli. Senza nostalgia. I motivi del ritorno li spiega lo stesso Ruggeri.
Perché i Decibel 40 anni dopo?
«Per piacere, adrenalina, responsabilità. Ci siamo posti un problema risolto solo in corso d’opera. Abbiamo cominciato per stare insieme, per un disco tra amici, poi la cosa si è allargata e abbiamo pensato al tour. Che aggiungerà altre date in estate».
Eppure fino ad oggi avevate solo due album all’attivo.
«Due, ma fondamentali. Metà rock italiano suonava come il primo album dei Decibel, l’altra metà come il secondo». Siete arrivati prima di tutti. «Avevamo il vantaggio che non c’era niente di simile in Italia. Il modo di stare sul palco, di suonare, quei capelli, gli occhiali, i pantaloni... se per un ragazzo di Londra era normale per uno di Milano era sconosciuto». Cos’era Londra per voi? «La Mecca dei giovani. Andavi direttamente nei luoghi che leggevi su Ciao 2001, la rivista, e trovavi tutto».
C’è da dire che la vostra reunion non ha l’effetto nostalgia. Lo stesso album, tranne le quasi obbligate Vivo da re e Contessa, contiene 11 tracce inedite.
A fine anni 70 avevamo il vantaggio che non c’era nulla di simile. Il modo di stare sul palco, di suonare, quei capelli, gli occhiali, i pantaloni... Se per un ragazzo di Londra era normale per uno di Milano era sconosciuto
Compio 60 anni, potrei festeggiare 40 anni dal punk, 30 da Quello che le donne non dicono e Si può dare di più, ma sapevo cosa non volevo fare: un disco di duetti. Ho fatto una cosa per me e i miei amici senza ambizioni commerciali
«Compio 60 anni, potrei festeggiare 40 anni dal punk, 30 da “Quello che le donne non dicono” e “Si può dare di più”, ma sapevo bene cosa non volevo fare». Cioè? «Un album di duetti. Chiunque festeggia una qualsiasi decade la prima idea che gli viene in testa è quella. Io invece volevo fare qualcosa per me e i miei amici senza ambizioni commerciali. E forse questo si sente».
È vero che iniziate sempre i concerti con «Walk on the wild side» di Lou Reed?
«Generalmente sì. Ma faremo anche altri omaggi. E soprattutto suoniamo. Oggi i concerti sono fatti di basi pre-registrate che fa più chic chiamare sequenze. Noi non abbiamo maxischermi, passerelle. Non mi libro sulla folla». Niente più camicie bianche? «Vestiamo di nero. Sfina». Tra i brani inediti colpisce Triste storia di un cantante.
«Mi sono detto: appena torno in una band scrivo una cosa ironica sui solisti. Scherzi a parte, è un brano su chi arriva al successo e ha paura che tutto finisca. Anche io sono un po’ così ma se lo scrivo capisco le mie debolezze».
Che anni erano quelli del vostro inizio? «Anni turbolenti». Che anni sono questi? «Anni vacui. E la lingua italiana nelle canzoni sta scomparendo. L’analfabetismo funzionale è dietro l’angolo».
Un problema che non aveva chi come voi veniva dal classico. «Siamo ancora ex liceali». Chi è il pubblico dei Decibel oggi?
«Giovani e 65 enni. Tenendo conto che i 65 enni sono nati nel 1952 e a 13 anni ascoltavano Satisfaction».