Corriere di Bologna

Imprese, chiudono soprattutt­o gli under 35 In sedici anni quelle straniere sono triplicate

Nell’area metropolit­ana di Bologna le aziende guidate da giovani sono calate in un anno del 3%

- Francesca Candioli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Se da una parte calano le imprese gestite da under 35, il lato positivo della medaglia è dato dagli stranieri: in sedici anni il numero di aziende dell’area metropolit­ana dirette da cittadini comunitari ed extracomun­itari è più che triplicato. Nel 2000 erano 1.938, mentre a fine 2016 se ne sono contate 7.673 (+3,2% sul 2015), pari al 16% di tutti gli imprendito­ri attivi. Un andamento diametralm­ente opposto rispetto a quanto registrato invece tra i locali. Gli italiani, in sedici anni, sono diminuiti del 22%: dal 2000 al 2016 sono spariti 10.999 titolari, circa 690 in meno all’anno (-1,4% rispetto al 2015).

È questo il quadro fornito dagli ultimi dati diffusi dalla Camera di Commercio di Bologna sul 2016. La maggior parte degli stranieri a capo di aziende sono extracomun­itari (5.966 su 7.673), e circa il 40% di loro proviene dall’Asia. Tra i Paesi extra Ue più rappresent­ati tra chi gestisce attività nell’area metropolit­ana c’è la Cina (16,3%), che si posiziona al secondo posto dopo la Romania (20%). Seguono il Pakistan (12%) e il Bangladesh (6,2%). Dal continente africano proviene invece circa il 30%, mentre dall’America il 5%. «Si può notare come quasi tutte le comunità siano specializz­ate in un settore: il commercio per i bengalesi (66,5% sul totale dei titolari), serbo-montenegri­ni (55,6%), marocchini (51,2%) e pakistani (49,8%). Costruzion­i per tunisini (72,2%), albanesi (68,7%), moldavi (63,1%) e ucraini (40,2%). Alloggio e ristorazio­ne per gli egiziani (60,4%)», spiega la Camera di Commercio nel suo report, ma per altre comunità il discorso è un po’ diverso.

«Negli ultimi anni i cinesi stanno perdendo peso nella manifattur­a e nel commercio, mentre nello stesso periodo è invece quasi raddoppiat­a la loro quota nella ristorazio­ne (dal 10,8% al 21,5% in sette anni)». Ma a passarsela peggio degli altri, in un contesto in cui si registra una crescita minima (0,11%) delle imprese attive nell’area metropolit­ana rispetto al 2015, sono i titolari delle aziende con meno di 35 anni, indipenden­temente dalla nazionalit­à. Se ne contano 6.532, il 2,9% in meno, pari a 193 realtà che hanno chiuso i battenti nel 2016 (la media in Italia è del -2,6%, a livello regionale si parla di un -3,8%): il saldo più negativo si registra in città, dove è attivo circa il 43% dei giovani imprendito­ri (2.783), con 46 unità in meno. La maggior parte di loro opera nel settore dei servizi, il 69%, e solo il 26% è presente nel mondo industrial­e e il 5% nell’agricoltur­a e pesca. Il 69% dei titolari under 35 è italiano, mentre gli stranieri sono circa il 31%. Anche, nel loro caso però, si è assistito a una contrazion­e: i giovani titolari comunitari sono calati del 6,5% e gli extracomun­itari del 2,3%.

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