Kirchherr e gli amici Beatles La nascita di una leggenda
Palazzo Fava Inaugura oggi la mostra fotografica (che proseguirà fino al 9 ottobre), organizzata da Fondazione Carisbo e Genus Bononiae in collaborazione con Ono Arte, dedicata al mitico gruppo dei Fab Four con settanta scatti di Astrid Kirchherr, che col
Si inaugura oggi a Palazzo Fava la mostra di Astrid Kirchherr dedicata ai Beatles, colti dalla fotografa ai loro esordi, nei primissimi anni Sessanta. Roversi Monaco: «Così apriamo anche al pubblico giovane».
Era il 1960 quando una band di ragazzini di Liverpool si ritrovò a suonare rock’n roll per pochi marchi in un locale della trasgressiva Amburgo, per intrattenere i tanti soldati americani ancora in città dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. È lì che un’altrettanto giovane studentessa tedesca di fotografia, Astrid Kirchherr, li incontrò per la prima volta, vedendo in loro qualcosa di cui nemmeno i componenti dei Beatles si rendevano conto. Per la band, all’epoca in cinque, la coetanea che si sforzava di parlare inglese fu l’innesco per una profonda trasformazione, che li portò ad abbandonare giacche di pelle e capelli con la banana in stile Elvis Presley anni ’50, per scegliere invece tagli a caschetto, cravatte e giacche a tre bottoni. La Kirchherr in quel periodo si legò al bassista Stuart Sutcliffe, il quinto Beatle, di cui sono presenti in mostra anche alcune opere pittoriche provenienti dalla collezione privata della Kirchherr. Sutcliffe lasciò la band per restare ad Amburgo e sposarla, prima di morire due anni dopo per un’improvvisa emorragia cerebrale, mentre i Beatles andavano affermandosi come stelle di prima grandezza. Da allora i Beatles rimasero in quattro, con Pete Best poi sostituito alla batteria da Ringo Starr, ma il loro legame con la Kirchherr, che a 79 anni vive ancora ad Amburgo, non si interruppe mai. La mostra fotografica Astrid Kirchherr with The Beatles, che si inaugura oggi a Palazzo Fava, in via Manzoni 2, racconta in oltre 70 immagini la prima fase della carriera del leggendario gruppo. Fu proprio per la Kirchherr che i Beatles accettarono di realizzare il loro primo servizio fotografico in posa. Così come la fotografa fu l’unica ammessa sul set del film Hard Day’s Night, come testimonia una delle sale allestite al piano nobile di Palazzo Fava. Alla fine degli anni ’70 la Kirchherr, stanca di essere identificata solo coma la fotografa dei Beatles, decise di abbandonare la sua macchina fotografica. Il suo prezioso archivio nel 2011 venne messo all’asta e separato in centinaia di lotti, ma in seguito fu acquisito in blocco dalla Ginzburg Fine Arts, da cui proviene gran parte del materiale in mostra. Con alcune immagini inedite e mai esposte prima, sottolinea Vladislav Ginzburg, compreso un prezioso ritratto di George Harrison usato per l’album «Wonderwall Tonight», di cui non esistono più negativi. Immagine prediletta del padre per i figli di Harrison, scomparso nel 2001, a cui si deve uno dei ringraziamenti alla Kirchherr più sentiti: «Astrid ha influenzato la nostra immagine più di tutti. Ci faceva sembrare belli». E poi immagini non solo con i Beatles in posa, ma anche mentre scherzano o fanno smorfie, con le file di teenager in attesa di entrare nel mitico Cavern Club di Liverpool. La mostra organizzata da Fondazione Carisbo e Genus Bononiae, in collaborazione con Ono arte contemporanea, si è avvalsa del contributo del tedesco Kai-Uwe Franz, assistente e amico della Kirchherr, e si apre il giorno dopo il sessantesimo anniversario dal primissimo incontro tra Lennon e McCartney nel giardino della chiesa di St. Peter a Liverpool, dove il primo suonava con il suo gruppo The Quarry Men. «L’inizio — sottolinea Maurizio Guidoni di Ono — della nascita della cultura popolare in Europa, con la musica che parte dal basso per andare verso la cultura alta». La mostra costituisce una sorta di prima volta anche per Genus Bononiae, conferma il presidente Fabio Roversi Monaco: «È il tentativo di raggiungere un pubblico più giovane da parte di una struttura che si occupa solitamente di mostre d’arte, di pittura e scultura. Una cosa nuova, anche se passa per un gruppo che ha fatto la storia della musica. Bologna si è mossa in modo significativo in un concetto più ampio di cultura, anche se a volte ci può essere qualche difetto di coordinamento perché le iniziative sono molte. Anche le polemiche sono preferibili se paragonate a situazioni statiche registrate negli anni passati». La mostra, vistabile sino al 9 ottobre e accompagnata da un libro pubblicato da Damiani, oggi proporrà un speciale visita guidata, Musical Beatles Tour, con Stefanie Humpel che con il suo hukulele racconterà aneddoti e segreti della band. Da lunedì dovrebbe arrivare anche una parte del palco dello storico locale Star Music di Amburgo, da cui i Beatles presero le mosse all’inizio degli anni Sessanta.
Roversi Monaco «L’esposizione è anche un nostro modo per raggiungere un pubblico giovane»