«Solomon, talento inquieto e ingestibile»
Il giovanissimo killer di Parma nel racconto di Baldini, il suo allenatore all’Imolese
«Sono senza parole» è la prima reazione di Francesco Baldini, ex allenatore dell’Imolese. Uno dei suoi ragazzi in rossoblù, Solomon, esordio in A nel Parma di Donadoni, ha confessato il duplice omicidio di mamma e sorellina.
«Abbiamo conosciuto un ragazzo difficile, strano. Non si integrava, non parlava mai, saltava gli allenamenti e spariva senza dirci nulla. Ci abbiamo provato con lui, perché ha talento, ma abbiamo dovuto rinunciare».
La notizia che passa in tv e il sangue che di colpo si gela. Solomon Nyantakyi, il ventunenne ghanese che ha confessato di aver ucciso con diverse coltellate la madre e la sorella di undici anni, era una promessa del calcio: Primavera del Parma, alcune convocazioni in prima squadra agli ordini di Roberto Donadoni nella stagione 2014/15, quella del crac ducale, e un lungo girovagare per serie inferiori fino alla stagione scorsa, quando arrivò all’Imolese. Per alcuni siti specializzati la sua ultima squadra è proprio quella di serie D, ma i problemi palesati dal ragazzo lo avevano portato lontano da Imola, nell’Eccellenza parmense prima al Salsomaggiore e poi al Colorno. Lì la stella di Solomon era già stata offuscata da silenzi, assenze, incomprensioni. Fino al tragico epilogo. A Imola nessuno vuole commentare questa drammatica storia (il club ha disposto il silenzio stampa a tutti i suoi tesserati sul tema), ma a parlare è Francesco Baldini, ex difensore di serie A e futuro tecnico degli Allievi Nazionali della Roma che nella passata stagione allenava proprio l’Imolese.
Baldini, ha sentito ciò che è accaduto a Parma?
«È un dispiacere incredibile, non ho parole».
I suoi allenatori tra i pro, tra cui Donadoni, lo hanno descritto come un ragazzo taciturno.
«Nyanta, noi lo chiamavamo così, all’apparenza sembrava un buon ragazzo ma come calciatore era decisamente problematico. Aveva dato diversi problemi». Di che tipo? «Soprattutto assenze. A volte spariva per ore e saltava gli allenamenti e purtroppo dopo diversi episodi del genere abbiamo dovuto decidere di allontanarlo. Non si integrava né si confidava con i compagni pur vivendo con quattro o cinque di loro, non sorrideva mai».
Aveva mai avuto gesti di rabbia improvvisa o cose del genere?
«No. I problemi di Solomon erano altri: una mattina non arriva all’allenamento e nessuno lo trova fino alle 13, con il cellulare che risulta staccato. Idem in un’altra occasione in una rifinitura del sabato prima di una partita in cui avrebbe dovuto giocare titolare. A volte prendeva il treno e andava a Parma senza dire nulla a nessuno. Abbiamo cercato di aiutarlo, più volte». Impossibile gestirlo? «Per noi era una scommessa e lo sapevamo, perché il talento calcistico di Solomon è indiscutibile. Però nel calcio le voci girano e quando lo prendemmo dal Tuttocuoio avevamo già avuto notizie su queste sparizioni. Speravamo fossero ragazzate, ma purtroppo ciò che è accaduto dimostra che i suoi problemi erano più gravi di ciò che si pensava».
Vi eravate dati una spiegazione?
«Sapeva che Imola era la sua ultima chance: alcuni compagni più anziani provavano a parlargli ma nulla. Io stesso ho provato a parlare di lui con uno psicologo e ho provato ad indagare sui suoi viaggi a Parma: mi hanno addirittura detto che alcune notti era stato visto dormire in stazione con indosso la roba di quando giocava a Parma. Quando accadono simili tragedie ti senti un po’ responsabile anche tu, pensi se non potevi essere maggiormente di aiuto ma le abbiamo tentate tutte».
Baldini Sapevamo che era una scommessa ma ci abbiamo provato: spariva, saltava gli allenamenti e scappava a Parma Così lo abbiamo allontanato