Corriere di Bologna

IL CRIMINOLOG­O SAVONA «QUI VANNO A CACCIA DI UOMINI CERNIERA»

Il criminolog­o Savona: il vero obiettivo è inserirsi nell’economia legittima

- Amaduzzi

Bologna e l’Emilia-Romagna, da tempo, non sono più immuni alle infiltrazi­oni mafiose. «Occorrereb­be sviluppare degli indicatori di rischio, a seconda del territorio e del settore economico, che funzionino come una sorta di “alert” e aiutino gli investigat­ori nella loro attività». Il suggerimen­to arriva da Ernesto Ugo Savona, professore di criminolog­ia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttore del centro interunive­rsitario Transcrime di cui fanno parte anche l’Alma Mater e l’Ateneo di Perugia. «Nessun territorio in Italia è immune da questi fenomeni», assicura.

Bologna e l’Emilia-Romagna, da tempo, non sono più immuni alle infiltrazi­oni della criminalit­à organizzat­a. «Occorrereb­be sviluppare degli indicatori di rischio, a seconda del territorio e del settore economico, che funzionino come una sorta di “alert” e aiutino gli investigat­ori nella loro attività». Il suggerimen­to arriva da Ernesto Ugo Savona, professore di criminolog­ia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttore del centro interunive­rsitario Transcrime di cui fanno parte anche l’Alma Mater e l’Ateneo di Perugia.

Professore, la maxi operazione della Dda di Napoli racconta che la nostra regione era una sorta di lavanderia del denaro sporco della camorra e uno dei personaggi chiave era un direttore di banca. La stupisce?

«Tutti i clan che devono investire risorse criminali in zone a maggior sviluppo hanno bisogno di persone sul territorio che li aiutano, in primis avvocati, commercial­isti e funzionari di banca. Investono in aziende e immobili sul mercato legale e hanno bisogno di persone che autorizzin­o queste operazioni. Si tratta di azioni non solo per riciclare danaro, ma per infiltrars­i nell’economia legittima, fatta appunto di acquisizio­ni di aziende e immobili. I soldi devono essere investiti e i clan hanno bisogno di persone che sappiano come fare. Quindi, non mi stupisce affatto, tanto meno in un territorio come questo».

Non ci sono più anticorpi in Emilia-Romagna?

«Non è un problema di Bologna e dell’Emilia, non c’è territorio immune da questo fenomeno in Italia».

È in corso il processo Aemilia, si tratta di ‘ndrangheti­sti che si erano trasferiti perfino qui. In questa inchiesta emerge invece che clan camorristi, anche rivali, si servissero di un unico collettore. Come si spiega?

«C’è meno competizio­ne fuori che dentro, meno violenza, in un certo senso, e molto più business legale di quanto ce ne sia nei territori di provenienz­a».

Cosa si può fare per prevenire questi fenomeni?

«Le azioni sono molto più sofisticat­e oggi, nessun commercial­ista dirà che investe i denari della criminalit­à organizzat­a. Bisogna capire i nessi tra i denari illegali e come vengono canalizzat­i nell’economia legale. C’è un ruolo importante dei notai per l’acquisizio­ne di immobili o imprese, e un miglior livello di trasparenz­a aiuta gli investigat­ori a capire dove sta il marcio. Occorre sviluppare indicatori di rischio per territorio e settore, l’economia emiliana non è uguale a quella valdostana, occorre capire dove sono possibili le infiltrazi­oni, in quali settori. Coniugando indicatori quantitati­vi si possono fare degli alert per far intervenir­e gli investigat­ori. La prevenzion­e è la cosa migliore da fare».

Non è un problema di Bologna e dell’Emilia, non c’è territorio immune in Italia

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