GIULIANO SCABIA GORILLA QUADRUMÀNO
La rassegna «Zambest», nell’ambito di Bologna Estate, stasera rievocherà lo storico lavoro del grande studioso, che nei pioneristici anni 70 portò i suoi studenti del Dams fra montagne e periferie alla ricerca di nuovi modi di costruire un’idea di comunit
Giuliano Scabia ha insegnato più di 30 anni al Dams di Bologna, usando il teatro come sonda dei tempi. Stasera alle 21 nel cortile di Palazzo Poggi in via Zamboni, per ZamBest, la rassegna dell’Università nell’ambito di Bologna estate, rievocherà il Gorilla Quadrumàno. Si trattava di un vecchio testo messo in scena nelle stalle durante il carnevale dai contadini della Bassa reggiana; con esso il professore poeta portò i suoi studenti in una ricerca in luoghi non teatrali, verso la montagna e nelle periferie industriali, in cerca dei modi per costruire nuove comunità. Ci racconta: «Mostrerò il film del Gorilla. Sono circa 50 minuti che ripercorrono un’avventura iniziata nel 1974 e finita dopo la partecipazione al Festival mondiale del teatro di Nancy nel 1975». Il video, con la firma di Andrea Landuzzi, assembla materiali d’epoca, per lo più super8, con un commento di Scabia stesso. «Mi hanno chiesto di parlare dei prodromi del ’77. Forse il Gorilla è il vero ’77, con il sogno di uscire dall’università nel mondo, di parlare, di dialogare, di ascoltare le comunità e formarle».
Ricorda: «A Nancy facemmo un’azione di strada per François Mitterand, non ancora presidente. Io gli profetizzai: “Lei andrà all’Eliseo!”». Poi riflette: «Tutto quel lavoro era guidato dall’idea che il teatro non doveva essere solo rappresentazione, ma poteva diventare itinerario verso l’interno di sé e verso il mondo». Il Gorilla era anche un pupazzo gigante azzurro, accompagnato da banda e azioni di strada. «A Bologna sperimentammo l’idea della città intera come teatro, facendo prove in via Begatto, sulle sculture di Cascella davanti a Santo Stefano, in molti altri luoghi. Sentivo l’ascolto profondo di una città accogliente. E in fondo il Gorilla nasce dall’anima emiliana; viene dal reggiano, zona dove si formano le Brigate Rosse e dove viene immaginata questa bestia che rifiuta, alla fine della fiaba, di diventare re, per tornare a regnare con le bestie in mezzo al bo-
sco. Poneva il problema dell’attenzione alla natura, all’animalità, al corpo, in un mondo sempre più dominato della tecnica». Scabia attraversò in molti altri modi la città, in quegli anni: con un teatro giornale, con lanci di mongolfiere dopo gli scontri del ’77, con balli antichi e con “Leonce e Lena “di Büchner disteso negli spazi urbani nel 1978. «Non so se arriverò a parlare di tutto. Per me la città è stata il teatro e l’università il luogo della riflessione della città su se stessa. Un’università da mutare da centro di studio in luogo della danza: ma quello era il clima, allora…».