Corriere di Bologna

LA VERA ANIMA È SOTTO I PORTICI

- Di Marco Marozzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Iportici di Bologna sono politici. Comunità rappresent­ata. Una cultura che può esser elevata contro l’individual­ismo trionfante e suicida. Nessun politico se lo ricorda da decenni, in questa terra che fu solidale e ormai è senz’anima. Idem molti signori di fondazioni, musei, monumenti, intellettu­ali autoripete­nti. Al massimo qualche refrain turistico: «Il portico rappresent­a la dimensione sociale della città, in cui convivono attività di diversa natura». Un’ignoranza politica-storica-culturale, totale, ha via via fatto sprofondar­e la candidatur­a a patrimonio universale dell’Unesco. Da un po’ si sono perse le tracce del fascicolo. Dal 2019 l’Unesco cambierà le regole e sarà difficilis­simo essere inclusi nella lista degli aspiranti.

I portici hanno una sola speranza: il Papa. Un miracolo? Una battuta? Devono sperare che l’1 ottobre l’arcivescov­o ripeta al vicario di Dio in visita l’inno ai portici delle celebrazio­ni dell’Anno diocesano. «Le città da sempre hanno avuto — dice Matteo Zuppi — il gusto di essere accoglient­i e protettive per tutti, a iniziare dal forestiero. Humanitas e Dignitas fanno tanto parte di essa. I portici altro non sono che i corridoi di questa casa comune. Ecco cosa vuole la Chiesa, con fermezza e con tanta vicinanza. Perché Dio è nella città». L’arcivescov­o vede uno spirito di comunità che i suoi predecesso­ri sentivano scomparire: un diverso approccio pastorale per chiamare una città a misurarsi con la sua storia e i suoi valori.

Rischia di diventare sgradevole trovare ormai su tutto Zuppi come leader del «genus bononiae», dell’anima cittadina. Nonostante i soldi e i loghi a portico delle banche, le bandiere neo rosse di sindaci e assessori. I portici sono Humanitas e Dignitas. Bisogna far volare quella che l’assessore Matteo Lepore chiamò una «gestione familiare». Bisogna far amare, comprender­e davvero i portici ai bolognesi, oltre i nobili Comitati. Farne cultura generalizz­ata di comunità: le torri aristocrat­iche, i portici di chi lavora. «Ho saltato e ballato per i portici» gioiva Pier Paolo Pasolini. Dimentican­za antica: non esiste un portico moderno bello, anzi nemmeno una costruzion­e moderna bella. I portici sono lordati, dalla Basilica dei Servi a Saragozza. La competenza è dei proprietar­i privati, la Sovrintend­enza funziona solo a divieti, il sistema pubblico a iniziative sporadiche (vedrete che pulizia per il Papa). Non si può chiedere il riconoscim­ento internazio­nale per qualcosa che non si ama giorno per giorno. Faticoso? Umano e dignitoso.

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