L’Ateneo «archiviò» i prof disubbidienti Marmo: hanno ragione
Il rettore chiese una relazione ai docenti e concluse che avevano rispettato le regole Il presidente di Lettere: «Tutto si sgonfierà quando i pm ascolteranno i colleghi »
L’Ateneo aveva archiviato la questione degli esami agli studenti del Cua sospesi dopo aver letto le relazioni dei prof coinvolti, e ora sotto inchiesta penale. E Marmo, presidente di Lettere, li difende: «Nei loro panni avrei fatto lo stesso».
Ufficialmente l’Ateneo non commenta l’inchiesta della Procura che sta indagando per abuso d’ufficio tre suoi docenti che lo scorso giugno avrebbero consentito a tre attivisti del Cua di sostenere l’esame, seppure senza verbalizzazione, nonostante fossero sospesi perché coinvolti negli scontri sul caro mensa di ottobre. Il rettorato fa tuttavia sapere che al termine di una breve inchiesta interna in almeno due dei tre casi l’esame sicuramente non c’è stato (per il terzo l’istruttoria è in corso). Quindi non ci sarebbero le basi per quell’abuso ipotizzato dai magistrati. Chi commenta è invece Costantino Marmo, presidente della scuola di Lettere e beni culturali a cui appartiene uno dei tre docenti indagati, un professore del corso di laurea in Storia. «Se mi fossi trovato nei panni di quei docenti avrei fatto come loro», assicura.Partiamo dall’Ateneo. Il rettore Francesco Ubertini fin dal primo esame collettivo del Cua, sostenuto a metà giugno, aveva allargato le braccia dicendo che nessuna prova era stata sostenuta, perché la sospensione dello studente rendeva vano qualunque tentativo di verbalizzazione. Evidentemente però aveva voluto rassicurazioni dai diretti interessati chiedendo loro una relazione su quanto avvenuto. Nei primi due casi, che riguardano i docenti di Lettere e Giurisprudenza, le memorie sono già arrivate sul suo tavolo, tanto che ieri da via Zamboni hanno assicurato che «testimoniano che non c’è stato alcun esame, confermando di fatto quanto il rettore aveva già dichiarato». L’unico docente che aveva parlato è quello di Storia delle dottrine politiche: «Mi sono comportato come tante altre volte in cui uno studente mi chiede di valutare il suo grado di preparazione — aveva argomentato —, una sorta di simulazione. Non è un esame, perché non posso verbalizzare il voto, così come non posso farlo con chi non è in pari con le tasse universitarie. Se e quando vorrà, lo studente si iscriverà e darà l’esame».
A confermare queste parole il presidente di Lettere. «Tutta la procedura dell’esame è online e non poteva esserci verbalizzazione — assicura Marmo —, quindi non c’è stato alcun esame e il docente non ha rilasciato neppure alcun foglietto con il voto». Marmo confessa poi di essere «perplesso» per l’iniziativa della Procura «che ha accolto la versione del Cua senza prima verificare — spiega —, sarà il senso dell’indagine ascoltare i docenti coinvolti. Mi aspetto che una volta sentiti i docenti tutto si sgonfi. Nei loro panni avrei fatto lo stesso, piuttosto che contrapporsi a 50 persone rischiando qualcosa hanno permesso una sorta di allenamento. Non c’è alcun abuso di potere, è stata un’azione sensata. Comunque ora i magistrati faranno le loro verifiche».
Comunque vada a finire, questa inchiesta costituisce un precedente importante. L’Ateneo ha infatti attivato altri procedimenti disciplinari per dieci studenti in seguito agli scontri per lo sgombero da parte delle forze dell’ordine della biblioteca di Discipline umanistiche di via Zamboni 36, occupata dai collettivi per l’installazione dei contestati tornelli. A darne notizia è stato lo stesso Cua, giovedì scorso, annunciando proteste a oltranza, «a partire dai prossimi appelli ogni esame collettivo sarà una barricata», si legge sulla loro pagina Facebook. «Questo procedente dovrebbe scoraggiare i colleghi a fare qualsiasi cosa — conclude Marmo —. Se un docente fa fare un “allenamento” per non alimentare la tensione e la Procura lo indaga per abuso d’ufficio è chiaro che il gioco non vale la candela. Vedremo cosa succederà».