Demm, count down per scongiurare la chiusura
A fine mese scade l’amministrazione straordinaria. «La chiusura sarebbe un disastro»
Due settimane per salvare i 208 lavoratori della Demm di Porretta, da ormai due anni in amministrazione straordinaria.
«Lavoro alle macchine dentatrici da 38 anni e si sentono: sulle braccia, sulle articolazioni, su tutto». Ornella Bartoletti è in Demm dal 1979. L’accento ne tradisce l’origine di Sambuca Pistoiese, ma la vita l’ha portata da questo lato dell’Appennino tanti anni fa. È tra i 208 con il fiato sospeso per l’azienda in cui ha passato due terzi della sua vita. La Demm è in amministrazione straordinaria da due anni, la proroga scade a fine mese.
Se ne attende un’altra per continuare a sperare che l’ennesima crisi della montagna non metta fine alla sua storia. Lasciando a piedi, dopo i 239 della Saeco di Gaggio Montano e gli 80 della Stampi Group di Monghidoro, anche i 208 della piccola Fiat di Porretta. Una volta questo era il primo sbocco occupazionale della montagna: «Ho iniziato a 18 anni, è stato il mio primo lavoro. All’epoca era come entrare in un’azienda statale, perché eri al sicuro: sapevi che lo stipendio arrivava, che avresti avuto la pensione — ricorda Ornella —. Poi, nell’82, ci fu una grossa crisi. Eravamo più di mille, diventammo 700».
Negli ultimi trent’anni, il numero di dipendenti ha sempre continuato a calare mentre i proprietari si avvicendavano. L’ultimo è stato Luca Peli, che aveva creato il Gruppo Paritel mettendo insieme diverse realtà metalmeccaniche del territorio. Proprio da una di queste, la Imt, è partita la crisi finanziaria che le ha messe in ginocchio tutte. E adesso la Demm combatte l’ultima battaglia. Gli oltre 200 dipendenti sono in cassa integrazione, lavorano mediamente otto giorni al mese. Ma c’è chi si ferma a tre: «Le famiglie non ne hanno più, ci siamo abbandonati anche noi». C’è gente, come Ornella, a cui nonostante quasi quattro decenni di lavoro non basterebbe la Naspi per arrivare con un reddito fino alla pensione.
Ornella ha due figlie, ma suo marito lavora in un’azienda che va bene. Non per tutti è così: «Qui ci sono genitori che faticano a mandare a scuola i bimbi, a mettere il cibo nel piatto a pranzo e cena». Eppure, la speranza più grande è che le cose non peggiorino. In attesa che arrivi un acquirente. Quattro, in questi due anni, ci hanno pensato. L’ultimo pochi mesi fa è stato l’imprenditore Silvano Palmieri, della Palmieri Tools Forging. Non se n’è fatto nulla. «Ma quest’azienda non è morta — s’infervora Amos Vezzali della Fiom —. Ha un fatturato di 18 milioni, il mercato ci potrebbe dare di più ma mancano i soldi per produrre». La chiusura sarebbe l’ennesima coltellata nella crisi di questo territorio. Qui, sulle montagne che separano l’Emilia e la Toscana, centinaia di famiglie sanno che l’aumento dell’occupazione riguarda solo i servizi, mentre gli operai calano anno dopo anno. Una fabbrica che chiude non è un problema solo per chi ci lavora: «Sarebbe un disastro — sostiene Vezzali —. Questo territorio è già stato colpito da crisi molto forti: c’è la crisi della Saeco, il sistema termale è in difficoltà, l’edilizia è ferma. Serve un rilancio, ma se muore la Daldi, come la chiamano ancora gli anziani qui, è un disastro». Daldi, il nome che campeggia anche nel volantino che invitava la cittadinanza, ieri sera, a presentarsi in Consiglio comunale. Un modo per mettere insieme politica, istituzioni e, soprattutto, chi ad Alto Reno Terme vive della Demm: non solo i 208 sospesi nel limbo da due anni, ma anche negozianti e ristoratori. Il 20 luglio, dal palco del Porretta Soul Festival, una delegazione parlerà ancora di questo stabilimento. E il 27, in Città metropolitana, si saprà della concessione o meno della proroga dell’amministrazione straordinaria. Nella speranza che il terzo anno sia quello giusto per la rinascita.
Ornella, l’operaia «Ho iniziato a 18 anni. Era come entrare in un’azienda statale, perché eri al sicuro: sapevi che lo stipendio arrivava e avresti avuto la pensione»