«Io, sulla sedia a rotelle Una stampante 3d mi ha cambiato la vita»
L’artigianato digitale per abbattere gli ostacoli della disabilità. Nel 1994, due settimane prima di compiere diciotto anni, un incidente stradale costrinse Fortunato Domenico Nocera su una sedia rotelle. Vent’anni e mille vicissitudini dopo, lui con una stampante 3D sa creare un mouse per il pc che si comanda con la bocca e permette di utilizzare il computer a chi non può servirsi delle braccia. È solo una delle mille cose che Nocera ha imparato a costruire nell’ultimo triennio, da quando si è buttato nel mondo dell’artigianato digitale.
Fino al 2013 era un tecnico informatico, poi l’azienda per cui lavorava ha chiuso. E lui si è trovato a fare un corso da disegnatore meccanico, per reinventarsi un futuro professionale: «Uno dei docenti era un ragazzo iscritto al fablab di Imola e ci insegnava la modellazione 3D. Sono rimasto affascinato dalla stampante 3D, dal mondo di Arduino. E sono rimasto lì». Con quel corso è diventato un maker: così si definiscono gli artigiani che utilizzano stampante 3D e taglio laser per costruire gli oggetti. Nocera oggi ha un laboratorio suo: «L’ho fatto in casa, con un salone e una saletta che non utilizzavamo». E se oggi è un creativo, quindi costruisce dei prototipi singoli, un domani punta a espandersi e iniziare la produzione su più larga scala. Anche se a quel punto gli servirà un nuovo locale.
Intanto è diventato docente del fablab di Imola. Hanno diversi progetti, di recente hanno costruito un videogioco arcade in legno con degli studenti di terza media. Tra i tanti c’è la collaborazione con l’ospedale di Montecatone, specializzato nella riabilitazione intensiva delle persone colpite da lesioni midollari: «Creo vari prototipi su misura per i ragazzi, in modo da facilitare l’utilizzo delle posate, per vestirsi o di altra natura. Ho creato un ausilio per fumare, un altro per scrivere». C’è anche un progetto, partito l’anno scorso, per insegnare ai pazienti a utilizzare la stampante 3D e il taglio laser per crearsi da soli gli oggetti da usare nella vita quotidiana.
Un modo per rimettersi in pista: «Mi ha cambiato la vita, si sono aperte opportunità lavorative non indifferenti – racconta Nocera -. Certo, dipende anche dal tipo di persona: se è intraprendente, questo è un settore in crescita e in cui ci sono degli sviluppi». E soprattutto, almeno in parte, si elimina il problema delle barriere architettoniche: «Uno può lavorare da casa tranquillamente: compra una stampante, impara ad usarla come si deve, scopre dei trucchi da solo, va avanti con la volontà».
Per l’ospedale di Montecatone, è la coordinatrice della terapia occupazionale Roberta Vannini a seguire il progetto: «Abbiamo iniziato perché ci incuriosiva la stampa 3D. VoDopo gliamo dare alle persone conoscenza, nozioni e capacità che possano essere utili anche una volta che saranno tornate a casa. E poi, perché no, anche a trovare un lavoro». Nelle lezioni al fablab si insegnano le nozioni di base su stampante 3D, taglio laser, Arduino e realtà virtuale. La prima sperimentazione, in questa collaborazione, risale all’anno scorso. Dopo il progetto pilota, ormai le due strutture sono alla terzo ciclo di corsi. A gruppi di poche unità alla volta: «Preferiamo così, per essere meno e fare una formazione più mirata», spiega Vannini.
L’interesse dei pazienti, sostiene la responsabile del progetto, è alto: «Modifichiamo il programma dei corsi in base alle osservazioni che ci fanno, è chiaro che poi serve avere la possibilità di mettere le nozioni in pratica o si rischia di perderle». Ma anche nella sua versione digitale, l’artigianato resta un tipo di attività che non è per tutti. E per partecipare ai corsi ci sono dei requisiti da soddisfare. «Serve l’interesse personale e una preparazione di base –—è la considerazione di Vannini —. Alcuni li spingiamo ad iscriversi per le loro capacità tecniche, o per dar loro più possibilità di socializzazione». Intanto, si cerca di capire anche come portare avanti il progetto in futuro. Magari portando una stampante 3D in ospedale: «Ci stiamo ragionando, abbiamo una persona interessata che non può uscire dall’ospedale e stiamo pensando di portare qui una stampante. Il rischio è che diventi obsoleta in poco tempo».