Quando «Romagna mia» accende il jazz
Claudio Zappi ha ideato e inciso una esplosiva rilettura dei brani di Secondo
L’apertura de La mazurka di periferia con il contrabbasso di Mirko Merloni e la chitarra di Alessandro Petrillo mette subito i puntini sulle “i”. Ruotiamo dentro e intorno (con qualche scappatella) al mondo del jazz. Benvenuti nell’universo di Secondo Casadei. Visto, rivisto, stravolto e ricomposto da un gruppo di musicisti di jazz guidati da Claudio Zappi, eccellente clarinettista, sia dal punto di vista degli arrangiamenti che da quello del linguaggio solistico, ricco e forbito (che nei tempi veloci e arrabbiati evoca lo Sclavis prima maniera). Reinterpretare in maniera jazzistica musiche che jazzistiche non sono — si sa — non è una novità. Si è sempre fatto, sin dagli albori, da Jelly Roll Morton in poi, quindi non staremo a tediarvi con un elenco della spesa fra il Rossini di Mike Westbrook, lo Schubert di Uri Caine e il Michael Jackson di Enrico Rava. Il jazz — e questa credo sia la sintesi perfetta per descrivere questa musica mobile per definizione — non è il
cosa ma è il come. Ovvero, qualsiasi musica può essere spogliata del suo abito e rivestita con quello iconoclasta del jazz. Tema e variazione. L’abc della musica afroamericana. L’urlo informale e da collettivo free in Romagna mia che si alterna alla melodia originale cantata, recitata, «diminuita» e «aumentata» nei punti giusti, dalla voce di Luisa Cottifogli che gioca il proprio timbro tra l’infantile e il grottesco (la sua forza da improvvisatrice pura emerge in Lom a Merz), diventano l’emblema di questo riuscito disco pubblicato da Egea. Ai musicisti (mancano ancora, per citarli tutti, i nomi del batterista Gianluca Nanni, del violoncellista Enrico Guerzoni e del fisarmonicista Simone Zanchini) il merito di avere colto la vera anima popolare, folk, etnica (chiamatela come vi pare) della musica di Secondo Casadei. Che, in fondo, è poi l’anima di tutta la musica.