Da tre a un solo dipartimento? Medicina vuole tornare «grande»
I prof pensano all’unificazione dopo l’accorpamento dei servizi amministrativi
A Medicina si torna a parlare dell’unificazione dei tre dipartimenti. O almeno di due su tre. Un tema già stato dibattuto in primavera, dopo le modifiche introdotte dallo Statuto e in vista della mobilità straordinaria data ai docenti, ma che era tramontato a causa delle forti perplessità. Ora è tornato in auge.
A convincere più di uno a rilanciare questa ipotesi è la decisione, presa dall’ultimo Consiglio d’amministrazione d’Ateneo prima dello stop agostano, di creare una struttura amministrativa unica per l’area medica, comune quindi ai tre dipartimenti. Ipotizzare l’unificazione, che manderebbe in soffitta l’attuale scuola, che non avrebbe più ruoli, e riesumerebbe i confini dell’antica facoltà, sta facendo sognare più d’uno. Un’idea che potrebbe piacere al rettore Francesco Ubertini, un po’ meno all’assessore regionale alla Sanità Sergio Venturi che si troverebbe un interlocutore unico, quindi più forte, nel processo di riorganizzazione degli ospedali. Proprio in vista di questa rivoluzione, che prenderà il via alla fine del prossimo anno, la direzione del policlinico Sant’Orsola ha appena prorogato fino al 31 dicembre 2018 i nove dipartimenti ad attività integrata e i rispettivi direttori.
Con la riforma Gelmini nel 2011 Medicina è passata da venti a tre dipartimenti, un’operazione costata un grosso lavoro di mediazione e che dopo gli assestamenti iniziali ha fatto sì che le strutture trovassero un loro equilibrio. L’accorpamento dei servizi amministrativi sta però facendo ragionare di un ritorno al passato. Intanto, e non da oggi, c’è chi ritiene superflua la presenza di due dipartimenti afferenti al Sant’Orsola, ovvero il Dimec (Scienze mediche e chirurgiche) guidato da Marco Zoli e il Dimes (Medicina specialistica, diagnostica e sperimentale) diretto da Mauro Gargiulo. Potrebbero unirsi, affiancandosi al terzo, il Dibinem (Scienze biomediche e neuromotorie), diretto da Raffaele Lodi, che afferisce all’istituto di Scienze neurologiche al Bellaria e all’istituto ortopedico Rizzoli. Accanto all’ipotesi minima di realizzare due dipartimenti, c’è chi sta lavorando per realizzare quella più osè che punta a unico grande dipartimento, che raccolga i circa 400 professori e ricercatori e torni a pesare come ai tempi della facoltà.
Sono maturi i tempi perché una delle due proposte arrivi all’esame del Consiglio d’amministrazione di inizio autunno che dovrà analizzare altri movimenti di dipartimenti e docenti? Difficile. Questa partita ne incrocia infatti altre. In primo luogo la corsa dei dipartimenti eccellenti ai finanziamenti dell’Anvur. Si tratta di milioni di euro che il ministero dell’Università, sulla base della classifica stilata dall’Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca, metterà sul piatto. Tra gli eccellenti in Italia quindici sono di Unibo. Tra questi ci sono, con punteggio massimo, sia il Dimec che il Dibinem. C’è chi dice che l’Ateneo, che dovrà decidere quali dei suoi correrà a Roma, non può premiarne due di Medicina e quindi accorparsi potrebbe essere una strada. C’è però chi fa notare che unirsi significa perdere quelle caratteristiche che l’Anvur ha premiato. Tra i perplessi c’è anche chi fa notare che un unico dipartimento di Medicina farebbe perdere rappresentatività negli organi accademici (ora ad esempio tutti e tre i direttori siedono in Senato).
Insomma, il tema è sul tavolo e i medici ne riparleranno a fine mese, tra di loro e con il rettore.