Furiosa Medea, la versione di Seneca Medea, per vendicarsi di Giasone, evoca gli spiriti dell’inferno, e uccide in scena i figli
Il mito rivive nel nuovo spettacolo stasera a Sarsina
Medea la maga che fa conquistare il Vello d’oro, Medea la barbara, Medea la moglie tradita, Medea la furiosa, Medea che uccide i figli per punire Giasone, l’uomo che l’ha portata in Grecia e la abbandona per convenienza, per sposare la figlia del re di Corinto. Dietro il nome di Medea c’è una letteratura che parte da Euripide e dalle Argonautiche di Apollonio Rodio e arriva al film di Pasolini con Maria Callas e oltre, fino a Christa Wolf, che redime la donna considerata dalla tradizione assassina per amore. La scrittrice cresciuta nella Repubblica Democratica Tedesca, la Germania comunista, affida il racconto della storia di Medea a varie voci, presentando l’omicidio dei figli come una calunnia messa in giro a regola d’arte dal potere patriarcale per screditare la sapienza naturale della curatrice Medea.
Tra le versioni di questo mito, che ha furoreggiato anche nell’opera lirica, la più estrema, la più violenta è forse quella del latino Lucio Anneo Seneca. Medea, per vendicarsi di Giasone, evoca le furie e gli spiriti diabolici dell’inferno, e uccide in scena i suoi bambini. La rappresenta stasera alle 21.30 nell’arena plautina di Sarsina per il Plautus Festival Micaela Esdra, in uno spettacolo firmato da Walter Pagliaro, con la traduzione e l’adattamento di Filippo Amoroso, le musiche di Germano Mazzocchetti, l’impianto scenico di Michele Ciacciofera (al fianco dell’attrice Blas Roca Rey, Marina Zanchi e un coro composto da vari attori). Per il regista, questo testo, come la navigazione della nave Argo che porta Giasone nella lontana Colchide, la terra lontana di Medea, è «un viaggio verso le regioni più misteriose della mente, un salto verso l’ignoto. Nei giorni che viviamo, non ci sono davvero più confini spaziotemporali da abbattere; assaporiamo continuamente il fascino autonomo di una “navigazione” totale. Piuttosto il pericolo più dilagante che la contemporaneità corre, è la lacerazione progressiva di quel diaframma sottile che bilancia le pulsioni umane fra coscienza e follia». Prima dello spettacolo, alle 20 in piazza Plauto con ingresso gratuito, concerto di percussioni e strumenti antichi di Marco Zanotti.