Corriere di Bologna

I braccianti suonatori di Syusy Blady

Il libro Esce oggi per Piemme il romanzo storico di Syusy Blady: «Vi racconto del paese dei cento violini nella bassa reggiana e della nascita della prima cooperativ­a in Italia per la gestione di un latifondo, a suon di valzer e polche»

- di P. Di Domenico

Una rivoluzion­e nata in un piccolo centro della Bassa reggiana, con la nascita della prima cooperativ­a agricola d’Italia nel 1890 e l’acquisto di un latifondo poi affidato a una gestione comune, consumata a suon di valzer e polche. A Santa Vittoria di Gualtieri, dove i musicisti erano un terzo della popolazion­e, con i patriarchi di alcune famiglie dalle remote radici tzigane. Per questo Santa Vittoria divenne popolare come «Il paese dei cento violini», titolo anche del romanzo che esce oggi in libreria per Piemme, scritto da Syusy Blady con Giovanni Zucca.

Syusy Blady, dopo il documentar­io su Matilde di Canossa, come mai un romanzo storico?

«Dopo due anni di lavoro e di ricerche avevo voglia di dare una forma di racconto a vicende che erano state affrontate solo in saggi, che pure ho letto e studiato».

Cosa l’ha attratta della storia di Santa Vittoria?

«Il fatto che in un paese della Bassa di braccianti, di gente con le pezze al culo, sia stata condotta una rivoluzion­e sociale ma a suon di valzer, accompagna­ta dalla musica e dalle feste. Come a volersi riprendere la propria vita in mano».

Si riferisce alla nascita della cooperativ­a di braccianti?

«Certo, pensi che quell’esperienza portò all’acquisto delle terre del padrone con l’acquisizio­ne del fondo della tenuta Greppi. Oggi le cooperativ­e sono diverse da allora, ma quell’esempio va ricordato per il futuro, perché chi non ha capitali come può diventare imprendito­re di se stesso?» Lei ha una risposta? « Magari si può provare a mettersi insieme, cercando di costruire qualcosa di comune con altri e prendendo in mano i propri strumenti di lavoro. Come fece, sul modello del socialismo di Prampolini, il fondatore della cooperativ­a, Prospero Ragni, che nel romanzo ha un altro nome».

Cooperazio­ne in chiave di violino?

«All’epoca non c’erano solo gli Stradivari, ma anche violini a buon mercato. All’inizio si trattava di musicisti ambulanti, che giravano per divertire la gente. Poi si consolidar­ono famiglie che si litigavano gli ingaggi. Una donna della famiglia Carpi divenne direttrice del Conservato­rio, a testimonia­nza che avevano capito che la musica avrebbe potuto anche migliorare la propria condizione sociale».

Anche se gli ostacoli non mancavano...

«Le leggi sulle feste o sui contatti nei balli erano molto severe e anche i preti spesso si mettevano di traverso, perché le feste si potevano fare solo in certe giornate e non nelle feste comandate. Non era certo semplice, ma la voglia di divertirsi e di lavorare non veniva meno e io la racconto attraverso tre figure di donne». Chi sono? «Come insegnano le mondine, molte conquiste si devono

proprio alle donne, perché non c’erano solo braccianti uomini. La prima è una donna che nell’Ottocento cura con le erbe, in modo alternativ­o. La seconda, del ‘900, è una donna della famiglia Carpi, che suona la chitarra, e l’ultima, contempora­nea, è Ivonne Bagnoli, figlia di Arnaldo, al quale si devono numerosi valzer e mazurche, che mi ha raccontato tanti aneddoti».

Il romanzo parte da quale anno?

«Dal 1848, per arrivare ai giorni nostri. Ma il presente si riflette sempre nella storia. Con l’unità arrivarono, ad esempio, molte tasse, che servivano a ripianare uno Stato appena nato. Un po’ come sta succedendo oggi con la formazione dell’Europa, o con la questione immigrazio­ne». In che senso? «La Pianura Padana nata dalle bonifiche, che prima non esisteva, è una terra di immigrazio­ne e solo dopo diventa di emigrazion­e. Nel romanzo ci sono tanti collegamen­ti con il presente, e c’è anche Benito Mussolini, che per un anno fece il supplente in una frazione di Gualtieri».

Ha in programma qualche presentazi­one?

«Sicurament­e saremo al Festival della Letteratur­a di Mantova e poi il 13 settembre lo presentere­mo a Bologna nel programma della Casa dei pensieri alla Festa dell’Unità. Il 27 settembre invece saremo a Padova e in quell’occasione avremo anche la presenza dei Violini di Santa Vittoria di oggi, che suoneranno musiche composte agli inizi del Novecento».

Dopo l’esperienza de «La signora Matilde», «Il paese dei cento violini» rimarrà solo un romanzo?

«No, la nostra intenzione è farne anche una docu-fiction per la television­e. E in questo caso si tratterebb­e di un musical, non potrebbe essere altro».

I braccianti riuscirono ad acquistare nel 1890 le terre del padrone in un luogo dove quasi tutti suonavano uno strumento e amavano fare feste Racconto anche della prima donna bracciante che curava con le erbe, di una che suonava la chitarra e di Ivonne Bagnoli, autrice di valzer e mazurche

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Il romanzo si intitola «Il paese dei cento violini» (edizioni Piemme,pagg 348; euro 18, 50)
Si parla di Santa Vittoria di Gualtieri, dove i musicisti erano un terzo della popolazion­e, con i patriarchi di alcune famiglie dalle remote radici...
Copertina Il romanzo si intitola «Il paese dei cento violini» (edizioni Piemme,pagg 348; euro 18, 50) Si parla di Santa Vittoria di Gualtieri, dove i musicisti erano un terzo della popolazion­e, con i patriarchi di alcune famiglie dalle remote radici...
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